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«Sabato in piazza per il salario europeo e il reddito sociale» |
Intervista a Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas scuola |
Angela Nocioni |
Salario europeo, reddito sociale minimo, difesa dell’articolo 18 e dell’istruzione pubblica, no alla guerra. Con questi contenuti si torna in piazza a Roma il 15 febbraio per la manifestazione nazionale del sindacalismo di base. Dei soggetti e delle parole d’ordine della mobilitazione parliamo con Piero Bernocchi portavoce dei Cobas scuola che fanno parte della confederazione Cobas.
Quali realtà conti di ritrovare in piazza il 15? Oltre ai Cobas ci sarà innanzitutto l’intero sindacalismo di base (Cub, SinCobas, Slai, Usi…). Ci saranno tutti i soggetti che lottano per l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ad ogni forma di lavoro, in chiaro e in nero, con contratto e senza. Ci saranno gli studenti e l’area dei disobbedienti. Saranno numerosi anche i Social forum e molte realtà delle Rsu che hanno fatto propria la data del 15. Con quali parole d’ordine? Innanzitutto il salario europeo, ossia l’equiparazione dei salari di tutti i lavoratori italiani alle medie più alte esistenti nella comunità. Non è pensabile che si creino le gabbie salariali che in Italia esistevano negli anni Cinquanta. Ad eguale moneta ed eguale lavoro, eguale stipendio. Rivendichiamo inoltre la riduzione generalizzata d’orario, il reddito sociale minimo, il recupero delle garanzie pensionistiche e la fine immediata della guerra. Saranno mobilitati anche tutti i soggetti della scuola. E’ una lotta esemplare quella che ha visto studenti e insegnati mobilitati contro l’aziendalizzazione del sistema educativo voluta da Letizia Moratti. Contro la scuola in realtà, ed è bene non scordarselo, l’offensiva era già stata mossa dal governo di centrosinistra con l’operazione portata avanti dall’ex ministro Berlinguer. Il 15 febbraio in piazza non ci saranno i confederali. La revoca dello sciopero del pubblico impiego e della scuola da parte dei confederali è sconcertante. Altro che stipendio europeo. Si sono accontentati di poche briciole e non hanno messo in discussione tutto l’impianto privatizzante dell’accordo. La Cgil, mentre cancella uno sciopero, parla di sciopero generale. Certo che se si vuol fare uno sciopero generale noi Cobas ci stiamo, ci lavoriamo da mesi. Intanto però la mobilitazione la manteniamo in piedi attraverso la pratica dello sciopero generalizzato. Quando siamo stati in presenza di una protesta sociale, una vertenza anche settoriale ma sufficientemente significativa, sia il 14 dicembre che in questa occasione noi l’abbiamo estesa anche a tutte le altre categorie del lavoro dipendente con una pratica effettiva da sciopero generale. Entriamo nel merito, cos’è che contesti in particolare della firma dell’accordo sul pubblico impiego? Da una parte dice di prepararsi allo sciopero generale e dall’altra smonta la mobilitazione del 15 febbraio sulla base di un accordo sul pubblico impiego che è una truffa. Cosa concede quell’accordo? Un aumento netto annuo di 50mila lire. Corrisponde a nient’altro che al recupero dei soldi persi per l’inflazione e lo vogliono spacciare per un aumento. Poi c’è l’inconsistenza della posizione della Cgil sull’attacco alla scuola pubblica. Non c’è nulla da fare, la Cgil non abbandona la china concertativa, nonostante la Fiom. La vicenda riguardante il pubblico impiego è paradigmatica dell’idea di concertazione cui è disposta a piegarsi la Cgil. Epifani, probabile successore di Cofferati, è orgoglioso di quest’accordo. Le destre al governo per concertazione intendono il più brutale dei “beccatevi questo, se vi sta bene è così, altrimenti salta tutto” e la Cgil ci sta. La controparte non è nemmeno più disposta a concertare sul serio. Credi che fosse davvero scontata la chiusura di Cisl e Uil sullo sciopero generale? Sì, vogliono conquistarsi con questo governo il ruolo che svolse la Cgil con il precedente. Lo fanno per scalzare i confederali dal ruolo egemone, esattamente come è successo con i metalmeccanici. La Cgil è prigioniera di in una contraddizione. Per recuperare l’egemonia dovrebbe tornare in piazza insieme ai lavoratori, ma l’integrazione negli apparati istituzionali e il funzionariato che ne consegue sono troppo avanzati per permettere di rompere davvero la concertazione. Quando accetti la gestione dei fondi pensione… Una presa di distanza, seppur a qualche mese dall’inizio dei bombardamenti, Cofferati l’ha presa. Sei tra quelli che sospirano “meglio tardi che mai”? E’ credibile una condanna della guerra solo se condanna i suoi protagonisti, la probabile estensione del conflitto e la partecipazione italiana ad esso. Questo la Cgil, nonostante la Fiom, non l’ha fatto. E’ incompatibile con le sue posizioni. Non a caso non ha firmato il documento finale di Porto Alegre: quel documento condanna in maniera netta la guerra. |