Per un paio di giorni sono stato incerto se scrivere quanto qui leggerete. Ne ero vieppiù convinto, via via che studiavo la stampa nazionale e internazionale, le dichiarazioni degli scienziati e degli esperti e tutto il materiale disponibile in materia. Al punto che se fossi stato un qualsiasi cittadino/a senza ruoli specifici o quello che in politica si chiama “un cane sciolto” non avrei avuto dubbi. Ma farlo in qualità di portavoce Cobas, in un clima isterico e paranoico – ove gli opinion makers, come succede quasi sempre in Italia, sono esperti di camaleontismo, trasformismo e dunque assecondano la corrente dominante – rende l’andare controcorrente, pur sempre faticoso in Italia, particolarmente improbo quando si rischia di passare per “untori” o per “complici” dell’espansione dell’epidemia. Però ieri mi ha convinto definitivamente Attilio Fontana, governatore della Lombardia e leghista doc (quello della difesa della “razza bianca”, che dopo la dichiarazione ha dovuto mettersi in autoisolamento poichè una sua collaboratrice è risultata positiva al tampone) che così ha parlato al Consiglio regionale lombardo: “ Cerchiamo di sdrammatizzare: questa è una situazione senza dubbio difficile ma non così pericolosa. Il virus è aggressivo e rapido nella diffusione ma molto meno nelle conseguenze: è poco più di una normale influenza, e questo lo dicono i tecnici”. Diavolo, ma se Fontana, che rischia ben di più di me per dichiarazioni del genere, ha deciso di parlare in tal modo, perché mai io dovrei autocensurarmi?
Dunque, entro nel merito. E parto da alcuni titoloni di Repubblica degli ultimi giorni, che monitora minuto per minuto l’andamento dell’epidemia:” Sesta vittima, paziente oncologico di Crema” (n.d.s. di 80 anni); “Tre morti in Lombardia, malato terminale di cancro e due ultraottantenni affetti da gravi patologie“; “Virus letale per chi ha gravi patologie“. Come avrebbe dovuto apparire chiaro per questi e altri titoli squillanti, strombazzati da giornali e TV con cadenza ossessiva, cose simili si sarebbero potute scrivere in qualsiasi mese e in qualsiasi anno del Ventunesimo secolo italiano. Come infatti ha spiegato un paio di giorni fa Nicola Acone, specialista in malattie infettive e primario al Moscati di Avellino “Il coronavirus provoca gli stessi sintomi di un’influenza ed ha lo stesso decorso nell’85% dei casi, mentre nel 15% provoca problemi respiratori come una polmonite; tra questi un 2%, che ha tumori avanzati, malattie cardiache o polmonari ed è in età avanzata ha più probabilità di morire rispetto all’influenza tradizionale”. Una descrizione analoga l’ha fatta ieri Walter Ricciardi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): “Dobbiamo ridimensionare questo grande allarme, la malattia va posta nei giusti termini…Su 100 persone malate 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi seri ma gestibili in ambiente sanitario e solo il 5% è davvero grave…ma tutte le persone decedute avevano già gravi problemi di salute”. Ora, pur essendo questi numeri orientativi perché in materia non si può essere precisi al 100%, il dato di fondo è limpido: praticamente muoiono solo quelli che hanno gravi patologie, esattamente come è sempre successo tutti gli anni durante le ondate di “normale” influenza nel nostro Paese. Anzi: secondo le stime del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore della Sanità, in Italia dall’inizio del Ventunesimo secolo ogni anno in media il 9 % della popolazione è colpito da sindrome influenzale (circa 5 milioni e mezzo di persone) con un numero di decessi tra i 4 mila e i 10 mila (nel 2019 circa 8 mila) tra chi, già vittima di serie patologie pre-esistenti, muore per le complicanze gravi del virus influenzale (e tra questi l’anno scorso il nostro caro Bonaventura De Carolis). Mentre, qui ed ora, dopo una circolazione probabile del virus in Italia di circa una cinquantina di giorni, i morti sono 12 e tutti con patologie gravi e/o decisamente anziani, mentre gli infettati arrivano ad oggi a 485, di contro, ad esempio, al milione e mezzo (più o meno) di italiani “allettati” con l’influenza tradizionale tra l’inizio di novembre 2019 e l’inizio di gennaio 2020. Un ulteriore elemento, per valutare la letalità del coronavirus, lo possiamo ricavare da un confronto, per quel che riguarda i malati a rischio, con precedenti epidemie: la SARS, ad esempio, aveva una mortalità intorno al 10%, mentre la Ebola addirittura dell’80-90%. Anche se, per quel che riguarda la diffusione del virus, c’è una differenza notevole, a favore del mimetismo del coronavirus rispetto ai suoi predecessori: sia il virus SARS e tanto più Ebola non si nascondevano, aggredivano rapidamente (e assai violentemente nel caso di Ebola) i pazienti, che, oltre a morire incomparabilmente di più, erano riconoscibili e isolabili: e il virus “sciocco”, evidenziandosi clamorosamente, si faceva individuare senza equivoci, veniva circoscritto e moriva con il malato. Il Corona, invece, è un virus “furbo”, che si mimetizza, dà conseguenze all’inizio inavvertibili e poi comunque molto più blande e quindi si può diffondere di più e più rapidamente, e facendo assai meno morti può continuare il suo percorso nella popolazione più ampia. Ma, appunto, con una pericolosità assai inferiore perché anche il dato fornito qualche settimana fa dal governo cinese – sulla cui base l’OMS ha fatto i suoi calcoli -secondo i quali in Cina il tasso di mortalità al momento dell’esplosione dell’epidemia sarebbe stato del 2,5%, è inattendibile perché le persone contagiate sono molto probabilmente ben di più di quante dichiarate dal governo e tante altre decine di migliaia saranno guarite senza manco sapere di aver contratto quel virus. (Peraltro, i ricercatori dell’OMS hanno affermato un paio di giorni fa: “I contagi in Cina hanno cominciato a diminuire in maniera consistente..e nonostante le speculazioni sul fatto che questa stia diventando una pandemia, al momento non si vede una diffusione tale da non poter essere contenuta”).E infine, è di oggi una cristallina testimonianza di Edmondo Vetrugno, medico salentino contagiato quasi sicuramente a Codogno e rapidamente guarito, che addirittura toglie anche quel “è poco più” che precede, nelle dichiarazioni attuali di esperti e di politici come Fontana, il “di una normale influenza“. Sentiamolo: “Sto bene, ho superato la malattia con pochissimi sintomi. Quindi niente panico, e sottoponetevi ai tamponi solo se ci sono sintomi…La malattia si comporta esattamente come la banale influenza e nella stragrande maggioranza dei casi si risolve in 3-4 giorni senza esiti..Ho avuto sintomi da raffreddore con rinite, ma non febbre e nemmeno tosse, sono andato regolarmente al lavoro visitando pazienti, incontando gente nella mia normale vita sociale (palestra, ristoranti ecc.)…Stimo di aver incontrato decine di persone, oltre a moglie e figlio,ho starnutito più volte nello studio in cui lavoro a stretto contatto con i miei colleghi, eppure a distanza di una settimana nessuno ha manifestato sintomi e tutti i tamponi che hanno fatto sono risultati negativi…e per giunta avevo il sistema immunitario indebolito perchè stavo prendendo antibiotici per un problema al dente del giudizio“. Capito?
Le responsabilità della politica politicante
Tutti questi dati, che avrebbero dovuto, e dovrebbero, consigliare la massima cautela alle forze politiche e istituzionali e ai mass-media, sono stati sottaciuti nelle ultime settimane e solo ora emergono con chiarezza nelle dichiarazioni dei politici, di rappresentanti delle istituzioni, esperti e opinionisti. Qualche giorno fa, avevano invece fatto scandalo le parole di quella che pure è al momento il n.1 italiano per esperienza sul tema, visto che è nella prima trincea di difesa, cioè la responsabile del laboratorio dell’ospedale Sacco di Milano (il centro nevralgico, e con il maggior numero di dati sperimentali quotidiani sull’epidemia a disposizione) Maria Rita Gismondo, che, coraggiosamente, anche di fronte al rischio di un linciaggio mediatico, era andata controcorrente contro il panico indotto dalle autorità e dai mass media, affermando con la massima nettezza: “Si è scambiata un’infezione appena più seria di una influenza per una pandemia letale. Non è così. Guardate i numeri. Questa follia farà molto male“. E il primo segno del possibile linciaggio le era venuta da quell’arrogante e megalomane personaggio che è il borioso Burioni, reso protagonista mediatico dalla sua battaglia contro i no-vax (che peraltro, quella sì, aveva un certo fondamento) ma soprattutto dalla “benedizione” ricevuta dalla coppia politica più disastrosa del dopoguerra, Grillo e Renzi, magicamente d’accordo a firmare un suo documento contro i no-vax. In diretta TV lo sciagurato aveva apostrofato volgarmente Maria Rita Gismondo, da lui definita sprezzantemente “la signora del Sacco”, affermando: “Temo che abbia lavorato troppo nelle ultime ore, dovrebbe riposare”; e alle obiezioni sulla definizione di “signora”, aveva aggiunto: “Signora sostituisce un altro epiteto che mi stava frullando nella testa”, concludendo la sciocca e offensiva intemerata equiparando il corona-virus con quello della influenza “spagnola” che tra il 1918 e il 1920 fece 50 milioni (qualcuno dice addirittura il doppio) di vittime nel mondo. Oggi, in un’intervista che Brunella Giovara le dedica su Repubblica, Maria Rita Gismondo si può prendere una bella rivincita, che forse testimonia anche di una resipiscenza, pur tardiva, dei responsabili politici, scientifici e massmediatici dell’intera vicenda. Ne riporto alcuni brani: “Professoressa, il governatore Fontana ha detto che ‘questa è poco più di una normale influenza’”. “Bene, significa che mi stanno ascoltando”. “Quando lei chiedeva di abbassare i toni, tre giorni fa, è stata attaccata da Burioni”. “Lasciamolo alla sua gloria”. “Cosa dobbiamo fare allora?”. “No allarmismo, molta attenzione e molto lavoro, dire le cose vere con molta obiettività. C’è un bombardamento di notizie che fomentano la paura, c’è stato un lavaggio del cervello collettivo. Sembra che siamo in guerra ma non siamo in guerra…Se invadi gli italiani con video di città deserte, ambulanze a sirene spiegate, crei il panico…Poi spesso la salute viene strumentalizzata a livello politico. E qui mi fermo. Ma è inaccettabile”.
Appunto, “la salute viene strumentalizzata a livello politico”: e mediatico, ci avrei aggiunto. Ma perché è successo e come è potuta accadere questa assoluta anomalia europea (e mondiale se si esclude ovviamente la Cina) del far credere di “essere in guerra” e dell’imporre misure da coprifuoco bellico? Chiudere le scuole, i musei, il Duomo di Milano, gli stadi, vietare le manifestazioni e le riunioni pubbliche anche di decine di persone, imprigionare 50 mila abitanti dei comuni lombardi più colpiti, come fossero Cernobyl, chiudere i voli da e per la Cina, peraltro mentre da Nord e Sud viaggiano ogni giorno centinaia di treni che trasportano centinaia di migliaia di persone, stipati a mille a mille: sono provvedimenti da guerra guerreggiata che nessun altro paese ha preso, Cina esclusa. In Corea del Sud, secondo paese per contagio, oramai quasi mille, nessuna di queste misure è in vigore, anche se il rientro a scuola dalle vacanze di febbraio è stato posticipato di una settimana nella regione particolarmente colpita; mentre tutto è aperto in Giappone, al quarto posto con 200 contagi circa, ove è stata chiusa una sola scuola dove un docente aveva il virus ma è stata riaperta due giorni dopo; senza citare l’Iran, dove peraltro tutto lascia credere che i malati siano infinitamente di più dei 60 dichiarati. E soprattutto alcuna misura simile è stata presa negli altri paesi europei, dove pure la circolazione di cinesi o di occidentali residenti periodicamente in Cina per lavoro o vacanze è persino maggiore che in Italia e dove i dati sono palesemente sottostimati perché i controlli e i tamponi di analisi sono stati nettamente minori che in Italia e così pure i ricoveri ospedalieri precauzionali (vedi ad esempio il caso della Francia con una media di tamponi intorno ai 400, di contro ai circa 5000 italiani). E, per rendersi ancora più consapevoli dell’impatto paranoico e terrorizzante di tanti di questi provvedimenti (Basilicata e Marche che vogliono chiudere le scuole malgrado non ci sia un solo caso di malattia, Ischia che chiude l’isola a lombardi e veneti, tanti comuni del Sud che ricevono le “spiate” di arrivi di studenti dal Nord e li vanno ad individuare casa per casa ecc.) basterebbe fare anche solo un passo indietro alla fine degli anni ’50 in Italia, quando esplose anche da noi quell’epidemia/pandemia influenzale che prese il nome di “asiatica”: insomma, non la citatissima “spagnola” troppo lontana nel tempo e nelle condizioni generali del mondo e delle comunicazioni/informazioni, ma qualcosa di molto più recente e confrontabile e che ho personalmente vissuto, appunto l’influenza “asiatica” del 1958-1959. Avevo undici-dodici anni e mi ricordo bene le preoccupazioni e i timori dell’epoca, che però non raggiunsero minimamente l’attuale panico, nè provocarono provvedimenti paragonabili a quelli attuali. Eppure in due anni (il vaccino venne reso disponibile dopo un anno e mezzo se non ricordo male) l'”asiatica” (chiamata così perchè partita da Hong Kong) provocò due milioni di morti in tutto il mondo ed alcune decine di migliaia in Italia. Ricordo che Il Messaggero dette la notizia del primo morto a Roma con una certa evidenza e segnalò che al terzo giorno i morti erano già 15. Eppure non ci fu alcun “effetto Wuhan”, né alcun clima di guerra guerreggiata.
Dunque, quali le responsabilità della politica partitica e istituzionale, del governo ma anche delle opposizioni e dei singoli partiti di entrambi gli schieramenti nella creazione di tale clima bellico? Eviterei di accentuare alcune responsabilità ed errori specifici accusando in particolare il governo, ma anche alcune Regioni, di non aver fatto il possibile per bloccare in tempo il virus, ad esempio impedendo i controlli dei cinesi in arrivo per vie “indirette” una volta annullati i voli con la Cina, decisione forse sbagliata ma a mio avviso non decisiva. In realtà la realizzazione di un muro ai confini, invalicabile per il virus, non è riuscita né poteva riuscire a nessuno. E’ falso che lo abbiamo fatto negli altri paesi europei, i quali stanno semplicemente imbrogliando: è probabile che abbiano un numero analogo di infettati ma, facendo neanche un decimo dei controlli italiani, possono fingere ancora per un po’di non averne di infettati, per non mettere in crisi, finché possono, la propria economia. E’ materialmente impossibile che non ne abbiano, perchè i turisti o uomini di affari cinesi sono comunque transitati da quei paesi, ove i controlli negli aereoporti non sono stati fatti a chi era in transito, e che, se infettato, ha potuto trasmettere il virus in aereoporto. E poi i controlli sono stati fatti solo su chi aveva febbre, che al 99% dei casi era causata da altri motivi. In aggiunta, è assai probabile che a trasmettere il virus in Italia sia stato proprio un italiano (o più di uno) tra le decine di migliaia di uomini di affari o di turisti italici che si spostano tra Italia e Cina ogni mese. Tant’è che tra gli infettati in Lombardia nessuno/a aveva avuto contatti con turisti cinesi. A questo proposito, peraltro, Ilaria Capua, altra illustre virologa italiana, direttrice dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida – sostenitrice anch’essa della limitata pericolosità di quella che chiama “sindrome simil-influenzale da coronavirus..che farà il giro del mondo in tempi abbastanza rapidi, ma non ci saranno forme gravi, anzi probabilmente sarà sempre più debole” – ha affermato un paio di giorni fa che “il virus assai probabilmente era già in Italia, stava girando da metà gennaio prima che si chiudessero i voli … assurdo cercare ora il ‘paziente zero’, tante persone si possono essere infettate senza sintomi, oppure l’hanno trattata come un’influenza e anche il loro medico l’ha considerata tale…In vari casi c’è poca o nulla febbre”.
A mio parere, le vere e gravi responsabilità della politica politicante sono la diretta conseguenza del conflitto feroce e cannibalesco tra schieramenti e partiti, nel quadro di una estenuante e permanente campagna elettorale in cui ogni colpo basso – in mancanza di seri programmi, contenuti e prospettive da parte degli attori in campo – contro l’avversario (opposizione contro governo e viceversa, ma anche spietata competizione all’interno dei due fronti) è non solo lecito ma ricercabile giorno dopo giorno. Insomma, ritengo che a provocare l’estrema drammatizzazione dell’epidemia sia stata la guerra brutale che è subito esplosa tra partiti di governo e di opposizione. Ancora una volta lo start lo ha dato quel vero e proprio delinquente politico, fascistoide e avvelenatore di popolo, che è il Truce Salvini, il quale ha prima sparato a zero contro il governo che non annullava i voli con la Cina (salvo oggi dire il contrario: ma d’altra parte quale coerenza ti puoi aspettare da uno che costruisce le sue fortune sul “prima gli italiani” e poi alla prima occasione seria afferma che fanno bene i francesi a non fare entrare gli italiani?) e poi attaccando i governatori delle Regioni non “sue” perchè non avrebbero fatto le barricate anti-cinesi a tempo (e in primo luogo aggredendo Enrico Rossi, il governatore della Toscana dove si andrà ad un altro scontro “epocale” alle prossime Regionali, dopo che sul tema il borioso Burioni gli aveva aperto la strada con analoga accusa). Non c’è da meravigliarsi, dunque, se, temendo di passare per complici degli “untori” e venire distrutti politicamente, oltre a rischiare pesanti conseguenze giudiziarie (visto il prevalere del clima manettaro e lo strapotere dei giudici), chiunque avesse responsabilità di governo ad ogni livello abbia bloccato tutto ben oltre il necessario e l’utile, pur di evitare il possibile linciaggio. E nell’ingigantimento del clima bellico e del panico un ruolo assolutamente decisivo, nel contempo, ed una enorme responsabilità va attribuita ai mass-media che hanno trovato l’argomento su cui vivere e prosperare almeno nei prossimi sei mesi e che quindi da settimane danno ora per ora il bollettino-virus come un bollettino di guerra.
Solo questo cannibalismo inter-politico/partitico e questa fortissima pressione mediatica possono spiegare la masochistica catena di decisioni che ha reso gli italiani/e i “cinesi d’Europa”, al punto anzi di far più allarme dei cinesi stessi. A mente fredda, i responsabili di tale masochismo ultra-tafazziano dovrebbero ammettere che sia stata, e sia, una sciocca illusione sperare di creare una specie di “muraglia cinese” (mo’ ce vo’) al confine con la Padania; che era ed è impossibile impedire ogni circolazione, quando centinaia di migliaia di persone ogni giorno attraversano con l’Alta velocità Trenitalia o Italo, stipati a mille a mille, la penisola da Nord a Sud e viceversa; quando decine di migliaia di persone si spostano settimanalmente anche di molte centinaia di chilometri per assistere ad eventi sportivi, spettacoli, manifestazioni; quando decine di migliaia di studenti del Nord, dove chiudono Università e scuole, se ne stanno tornando a Sud; quando centinaia di migliaia di cittadini/e del Nord hanno passato anche l’ultimo week end in giro per l’Italia; e quando i cinesi turisti girano a Sud come a Nord. Probabilmente anche nel Centro Sud ci sono già un bel po’ di infettati ed è solo questione di tempo perchè si rivelino: anche se magari nel frattempo avranno sintomi lievi e in pochi giorni guariranno senza essere manco conteggiati.
Il governo e la politica in mezzo al guado
Nelle ultime ore stiamo assistendo ad un diffuso ripensamento, se non ad una vera e propria virata: i responsabili del disastro sembrano risvegliarsi da un letargo intellettuale impressionante. Un leghista di peso e considerevoli responsabilità come il governatore della Lombardia, peraltro nell’occhio del ciclone, come Fontana afferma senza timore quella che le virologhe Gismondo e Capua dicono da giorni inascoltate e sbeffeggiate (trattarsi in realtà di “poco più di una normale influenza”), mentre il premier Conte si accorge di botto che “il vero incubo è la recessione”, che “bisogna fermare il panico”, che “la Rai deve usare toni più bassi” e che “è inaccettabile che vengano posti limiti agli italiani che vanno all’estero”. Bene: ma a che si deve il “risveglio”?
Il motivo mi pare lampante. Gli sciagurati, obnubilitati dal cannibalesco, cialtrone, irresponsabile e strapaesano scontro politico permanente per far cadere o tenere a galla il governo (mentre peraltro, all’interno dei due schieramenti, Meloni cerca di fare le scarpe a Salvini dimostrandosi ben altrimenti “responsabile “ e “collaborativa”, mentre Renzi, il PD e i 5 Stelle sono in lotta permanente e demenziale per una quota sondaggistica in più) avevano pensato – credo – che “il principio di estrema precauzione adottato dall’Italia per contenere la diffusione del coronavirus sarebbe apparso a breve una lungimirante strategia difensiva presto esportata in altri paesi europei”. Ma hanno poi scoperto dolorosamente che si è trattato invece di “una preoccupante strategia masochistica”, visto che gli altri paesi europei, invece di seguire la “lungimirante strategia difensiva”, stanno approfittando – nel quadro di un conflitto economico inter-statale sempre più lacerante, essendo all’orizzonte una possibilissima, nuova ondata recessiva – delle pesantissime difficoltà autoindotte nell’economia italiana, e in alcuni settori in maniera davvero drammatica, per spolpare ciò che è ancora vitale di essa. Dunque, davanti ad un settore turistico, che è la principale fonte di reddito “esterno” per l’Italia (produce il 14% del PIL nazionale e con l’indotto porta reddito a milioni di persone), in improvvisa crisi verticale (annullate il 50% di prenotazioni dall’estero per i prossimi mesi, estate compresa), con sempre più paesi che invitano i propri cittadini a non andare in Italia e gli italiani all’estero visti come i nuovi “lebbrosi”, con la grossa parte delle attività commerciali, di ristorazione, accoglienza, artigiano, intrattenimento e spettacolo sull’orlo del baratro, il governo e le forze politiche meno delinquenziali vorrebbero tornare indietro. Solo che è troppo tardi e soprattutto si trovano, per così dire, in mezzo al guado e devono decidere su quale sponda recarsi, quella da cui sono partiti, in una sorta di “peste” modernizzata, ma con la conseguenza di andare anche oltre le chiusure già realizzate; oppure provare a raggiungere, con i rischi politici che ciò comporta, la sponda opposta e cioè accettare pienamente la versione “è poco più di una normale influenza” e trarne però tutte le logiche conseguenze. Stante che la via di mezzo, cioè restare “a mollo” come ora, ingigantisce la confusione e non attenua il panico, e potrebbe a breve mettere a nudo una gigantesca “magagna” di cui questo governo non è certo unico, e manco prevalente, responsabile ma che ha ereditato, senza però far niente per porvi almeno parziale rimedio, dalle amministrazioni precedenti (centrodestra e centrosinistra alla pari) di almeno l’ultimo ventennio. Infatti, se come è assolutamente realistico e prevedibile, il virus, pur avendo effetti letali non superiori (o di poco, e comunque su soggetti già pesantemente “segnati”) a quelli di una normale influenza, non può essere arrestato nella sua diffusione, se si dovesse insistere sull’ospedalizzazione e sull’isolamento generalizzati dei malati, assorbibili finchè i numeri sono nell’ordine delle centinaia e forse di qualche migliaio, la fragilità indotta e provocata da un paio di decenni di scellerate politiche di tagli alla Sanità esploderebbe in tutta la sua evidenza. Al proposito, così scrivono i nostri lavoratori/trici COBAS del Pubblico Impiego-Sanità: “Con qualunque governo sono stati ridotti investimenti, risorse ed assunzioni verso la sanità pubblica, privilegiando e incrementando privatizzazioni sempre maggiori e esternalizzazioni di servizi e personale verso strutture private. In Lombardia dove c’è il maggior focolaio di coronavirus la Sanità si è basata soprattutto sul taglio dei fondi della prevenzione e sui profitti dei privati… Questa grave emergenza ha avuto ed ha una colossale ricaduta per i lavoratori che operano negli ospedali e ambulatori in termini di sovraccarichi di lavoro, turni infiniti, mancate rotazioni e inefficaci interventi in termini di prevenzione e sicurezza”, oltre a mettere in evidenza “la difficoltà a pervenire ad un’omogeneità di adozione di provvedimenti emersi in situazione di emergenza” e a richiedere “di rivedere la regionalizzazione della Sanità, mettendo in soffitta i progetti sciagurati di autonomia differenziata e riportando una serie di competenze in capo allo Stato”.
In tale drammatica fragilità del sistema sanitario, mi sembra che il governo abbia due sole vie: la prima è percorrere fino in fondo la strada del “è poco più di un’influenza normale” e dunque intervenire con l’ospedalizzazione – esattamente come accade nelle influenze tradizionali – solo nei casi di soggetti debilitati e con serie patologie pregresse, lasciando che quelli in buone condizioni generali ed efficace sistema immunitario si curino a casa, conservando una parte delle limitazioni esistenti ma attenuandone altre e comunque di certo non “incrudendole”. La seconda è quella di perseverare nell’impostazione iniziale di quarantena generalizzata, isolamento e addirittura confinamento in aree modello-Cernobyl. Ma in tal caso il governo dovrebbe più o meno condividere e applicare le indicazioni che vengono appunto dai nostri COBAS Sanità e cioè “assumere personale per scongiurare episodi di quarantena di operatori sanitari che metterebbero in crisi l’intero sistema operativo; rivedere l’appalto sulle pulizie e sanificare tutti gli ospedali e strutture ambulatoriali; dotare i vari presìdi di zone di pre-filtraggio per l’accesso ai DEA, ai Pronto Soccorso e ai reparti di Malattie Infettive, nonché stanze di isolamento; fornire per il personale tutti gli strumenti previsti dalle normative in vigore, col coinvolgimento degli RLS, delle RSU e delle OO.SS. nelle misure da adottare per garantire salute e sicurezza ai lavoratori”. Tutte cose per le quali, però, il governo e il Ministero della Salute appaiono al momento del tutto impreparati, oltre che affetti dalla stessa sordità verso tali richieste che ha afflitto tutti i governi degli ultimi anni.
Che fare? Di sicuro, non farsi sottrarre la piena attività politica, sindacale, sociale e culturale
In genere, di fronte ai grandi e meno grandi eventi politico-sociali non cedo alla logica complottistica (a meno di fondatissime e documentate prove fattuali). E qui ed ora, non penso che qualcuno abbia diffuso un nuovo virus per inguaiare la Cina e tarparle le ali nella brutale competizione economica mondiale; né penso che il governo italiano abbia deciso di approfittare della situazione per ridurre ai minimi termini ogni attività politica, sindacale, sociale e culturale alternative nel nostro Paese, per garantirsi l’assenza di opposizioni di massa, o comunque significative, nei confronti dei governo e dei poteri dominanti tramite lo stato di emergenza. Ma bisognerebbe essere ciechi per non vedere – esattamente come accade a livello internazionale con le più potenti “iene” pronte a cibarsi per quanto possibile dei corpi pesantemente feriti della struttura economica cinese – quanto faccia comodo ai vari potentati lo stato da coprifuoco che si sta creando. Non solo si annullano le manifestazioni pubbliche di ogni tipo, non solo si invita a non scioperare (che peraltro non c’entra un fico secco, visto che non andando a lavorare i rischi di diffusione del virus diminuiscono: ma intanto si dà un segnale, se c’è l’epidemia a che pro’ scioperare?) ma addirittura si scoraggia ogni attività anche di incontro e di discussione. E l’effetto si vede già, con una sorta preoccupante di auto-limitazione, di autoriduzione delle proprie attività che anche strutture o reti combattive e con le idee chiare si stanno, giorno dopo giorno, imponendo anche quando non c’è una direttiva in tal senso da parte delle autorità, per un eccesso, a mio parere, di senso di responsabilità che però può tradursi (visto che di certo il virus non sparirà in un paio di mesi) in un vistoso autogol a breve. E d’altra parte anche noi dei COBAS della scuola pur con tutta la buona volontà del mondo e per non ritrovarci a ranghi ridotti, non siamo costretti a discutere di auto-riduzioni o rinvii per convegni o corsi di formazione o preparazione ai concorsi?. Insomma, anche senza bisogno di dover ricorrere a teorie complottiste, non stiamo assistendo all’instaurarsi di una sorta di gestione della società in un quadro pre-bellico e di controllo totale e reclusorio permanente da parte del sistema politico-istituzionale, senza manco che abbiano bisogno di atti apertamente repressivi, utilizzando la vera pandemia che è e sarà il panico indotto e imposto, anche se ora ci raccontano che vorrebbero limitarlo dopo averlo scatenato?. Ed è un panico e una logica da quarantena concentrazionaria che sta facendo malissimo a milioni di persone. Gli italiani stanno diventando i nuovi “lebbrosi” d’Europa, da tutti i paesi europei arriva l’invito ai propri cittadini a non venire in Italia; a Mauritius, dove gli italiani fanno parte da decenni di una delle comunità più stimate, hanno rifiutato l’ingresso, tout court, ad un aereo di italiani; l’industria del turismo tracolla e a seguire decine di migliaia di piccole attività autonome rischiano serissimamente di venir distrutte a breve e un paio di milioni di persone potrebbero ritrovarsi in mezzo alla strada quando panico e paranoie svaniranno. Insomma, almeno noi – e intendo tutti coloro, organizzazioni e singoli, che in questo spesso esasperante Paese tengono in piedi una qualche prospettiva di un mondo e di una società migliore, più giusta e più egualitaria – non dovremmo mollare: andiamo avanti con le nostre attività. Poi, chi vuole venire venga, se si hanno patologie serie pregresse si stia a casa e lo stesso facciano ipocondriaci e persone influenzabili assai dalla fobia per le malattie. Ma quelli/e con normali difese immunitarie facciano, se lo vogliono, quello che hanno fatto tutti gli anni con l’influenza che girava e sovente teneva a letto milioni di persone. Non sono cultore dell’Eugenetica, anzi mi inorridisce, non voglio distinguere tra forti e deboli, né tantomeno tra giovani sani e anziani malati (tanto più che ho una certa età) e neanche ritengo che misure precauzionali non vadano prese. Ma sono certo che sarebbe un suicidio collettivo, ben più disastroso dell’epidemia, se il panico facesse assai più danni del virus; e ritengo inaccettabile ridurre l’Italia ad una Wuhan de noantri, chiudere locali, ristoranti, supermercati, negozi, impedire ogni circolazione, bloccare treni, aerei e insomma paralizzare un’intera nazione; e, oltre a massacrare economicamente qualche milionata di persone, rendere un lazzaretto le città e un inferno da guerra guerreggiata la vita quotidiana. Ognuno/a possa decidere se andare o no al ristorante o al supermercato o ad una assemblea o riunione pubblica; si metta la mascherina se lo tranquillizza (una seria, però), si disinfetti, si lavi le mani a profusione, non tossisca o starnutisca in faccia agli altri; si evitino magari i grandi assembramenti di decine di migliaia di persone ma non si impediscano riunioni o iniziative di dimensioni ragionevoli di persone in grado di decidere se rischiare un cincinino oppure no, anche in base allo stato del proprio sistema immunitario; non si cancelli la vita associata, politica, sindacale, culturale, lo stare insieme, la solidarietà e lo scambio tra uomini e donne associati/e, il sostegno reciproco; si eviti così di vedere l’altro/a addirittura come un nemico, un untore che mette a repentaglio la nostra integrità fisica e psichica.
Piero Bernocchi
26 febbraio 2020