Decidere, da parte del governo, la chiusura delle scuole e il divieto di riunione – anche con numeri limitati di persone – è atto inaccettabile e distruttivo per la scuola e per l’intera società. Dopo 15 giorni di campagna terroristica, con le TV a reti unificate a trasmettere ” Tutto il virus minuto per minuto” 24 ore su 24, sembrava che finalmente ci si sforzasse di attenuare l’effetto-panico indotto da provvedimenti del tutto sproporzionati alla realtà e da una informazione sovraeccitata e famelica di audience. Anche perchè nel frattempo un sempre maggior numero di esperti italiani e internazionali aveva segnalato che: 1) il numero di morti per malattia nel nostro Paese (dati Istituto Superiore di Sanità ISS) è, tra gli over 65, in media 240 al giorno, e inserendo gli under 65 morti per infarto o patologie cardiovascolari, tumori, inquinamento, fumo, alcool o infezioni varie, si arriva oltre i 350 quotidiani. Dunque, i tre/quattro morti al giorno, associati al coronavirus, sono circa un centesimo del totale dei morti giornalieri di malattia in Italia; 2) i dati smentiscono la “estrema contagiosità” del virus. E’ oramai convinzione generale che il virus circoli in Italia da almeno un mese e mezzo. Se i malati conclamati dopo tutto questo tempo non superano ad oggi i tremila (e anche ipotizzando che i contagiati “silenti” siano almeno il triplo e si giunga ad una cifra di 10 mila persone), tra l’inizio di novembre 2019 e gennaio 2020 i dati dell’ISS e del Ministero della Sanità parlano di almeno un milione e mezzo di “allettati” per influenza “normale” (e nell’intero anno 2019 circa 5 milioni), lasciando supporre che con gli asintomatici il numero sia stato ancora maggiore. Dunque, milioni di contro a migliaia o al massimo decine di migliaia; 3) anche la percentuale di mortalità viene confutata da molti specialisti. L’assessore regionale alla Sanità lombarda ha detto che tra i casi verificati nella propria regione ben il 50% sono asintomatici. Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica molecolare del CNR di Pavia, ha dichiarato: ” Forse per ogni caso rintracciato ce ne sono due che non scopriamo”. E il 28 febbraio l’autorevole New England Journal of Medicine ha sottolineato : ” Se assumiamo che il numero dei casi asintomatici sia molto più alto dei casi riportati, allora il tasso di mortalità potrebbe essere considerevolmente inferiore all’1%”. Il dato fornito dall’OMS, di un 3% o più, è dunque fuori misura perchè calcolato solo sui casi conclamati, nettamente inferiori a quelli reali. Va ricordato comunque che nel 2017 di “normale” influenza sono morte in Italia (dato Istat) 663 persone ma se si tiene conto delle complicazioni polmonari e cardiovascolari si arriva a circa 8 mila , di contro all’attuale centinaio, e per giunta con il decisivo punto interrogativo, posto da Borrelli, capo della Protezione civile, secondo il quale ” la dipendenza di questi decessi da coronavirus non è ancora stata accertata per nessuna di queste morti”.
Tutti questi elementi inconfutabili avrebbero dovuto spingere verso una normalizzazione dei divieti e delle chiusure. Invece succede il contrario, addirittura si chiudono le scuole per 10 giorni anche dove non c’è neanche un caso di contagio, si vogliono vietare le riunioni e le iniziative persino al chiuso e di poche decine di persone. Mentre nel contempo ogni giorno centinaia di treni portano centinaia di migliaia di persone da Nord a Sud e viceversa, peraltro stipate a mille a mille, altro che un metro di distanza. I supermercati e i centri commerciali sono tutti aperti, e giornalmente vi passano cento volte, in media, le persone che circolano in una scuola e per giunta non “under 20” ma “over 50, 60 e 70” in buona misura. Io sono per l’apertura dei supermercati e per la circolazione dei treni. Ma è insopportabile che vengano chiuse le scuole perchè considerate superflue, così come i musei, le mostre, gli avvenimenti culturali, mettendo oltretutto in estrema difficoltà milioni di famiglie, mentre gli apologeti dell’istruzione a distanza ne stanno approfittando per dimostrare che si può fare un’istruzione senza scuole, e senza docenti, con gli studenti chiusi a casa davanti al proprio computer . E questa chiusura avrà effetti ancor più disastrosi sull’economia, visto che, presa dopo 15 giorni dall’inizio del panico-virus, convincerà anche i più scettici che la situazione stia precipitando. E anche dove non ci sono focolai, milioni di persone eviteranno anche di uscire per andare al cinema, a teatro, nei ristoranti o per riunirsi anche in poche decine. E quei pochi turisti (35 milioni di cancellazioni in una settimana) che ancora volevano venire in Italia annulleranno pure essi le prenotazioni e saremo messi al bando anche nei pochi paesi (i quali peraltro non danno alcuna seria informazione sui “loro” malati) che tenevano ancora le porte aperte agli italiani. E non si tratta solo del turismo (comunque il 14% dell’intera economia nazionale). Stanno crollando decine di migliaia di piccole e medie attività di ristorazione, accoglienza, ospitalità, artigianato, commercio, produzione e diffusione alimentare.
Il perchè di tutto questo lo ha spiegato, quasi in un impeto di sfacciataggine impunita, Conte alla fine della conferenza stampa di ieri. Il vero punto grave, allarmante e drammatico, ha confessato, è quello della pesante insufficienza degli ospedali italiani a garantire il ricovero in terapia intensiva per quella minoranza di pazienti con gravi patologie pregresse o assai in là con l’età che hanno, e avranno, bisogno di terapie e cure speciali, che oggi il sistema ospedaliero, falcidiato – questo lo aggiungiamo noi – dai tagli economici e strutturali nell’ultimo ventennio, dalle privatizzazioni e dalla sciagurata frammentazione regionale, non è affatto in grado di garantire per numeri significativi, come hanno ripetutamente denunciato in questi anni, e come stanno ribadendo in questi giorni, i nostri/e COBAS della Sanità. Ma se così si ammette che sia, gli unici, veri e decisivi provvedimenti sono: 1) un massiccio investimento, e rapidissimo, nelle strutture per la terapia intensiva e per la rianimazione su tutto il territorio nazionale ma in particolare al Sud che ne è poverissimo; 2) la requisizione momentanea di tutte le strutture private adeguate a tale bisogna; 3) norme di massima precauzione solo per le fasce davvero ad alto rischio, cittadini/e con serie patologie pregresse, anziani e anche persone di ogni età con sistemi immunitari significativamente indeboliti: insomma, per tutti/e coloro che annualmente rischiano di morire , o muoiono a migliaia, durante le “normali” epidemie influenzali (circa 8000 l’anno scorso), senza che nessuno, fino a ieri, ci abbia manco fatto caso.
Piero Bernocchi
5 marzo 2020