February 3, 2014
di Eleonora Fortunato – Per avere docenti che fanno bene il loro lavoro la valutazione degli apprendimenti non è l’unica strada (i quiz rischiano di snaturare la didattica), né si può puntare solo alle eccellenze (non siamo mica a Harvard!). Così i Cobas tornano a rilanciare un antico cavallo delle loro battaglie: periodo sabbatico anche per i docenti di scuola, proprio come i ben più blasonati colleghi universitari.
di Eleonora Fortunato – Per avere docenti che fanno bene il loro lavoro la valutazione degli apprendimenti non è l’unica strada (i quiz rischiano di snaturare la didattica), né si può puntare solo alle eccellenze (non siamo mica a Harvard!). Così i Cobas tornano a rilanciare un antico cavallo delle loro battaglie: periodo sabbatico anche per i docenti di scuola, proprio come i ben più blasonati colleghi universitari.
Bisognava assistere al suicidio politico di Luigi Berlinguer, passare in mezzo alla Riforma Moratti, Gelmini, alla parentesi tecnica di Profumo per sentire un rappresentante dei Cobas rimpiangere gli anni della Democrazia Cristiana: “Almeno con loro la territorialità dell’istruzione teneva, ogni paesino di montagna aveva la sua scuolina, e con le chiacchiere ci sapevano fare. Certo, poi ti mettevano di fronte ai problemi economici e ti dovevi accontentare” ci ha detto Piero Bernocchi, portavoce dei Comitati di Base della Scuola. “I politici di adesso – insiste – mancano anche di abilità dialettica, è solo uno scarico di responsabilità sul Tremonti o il Saccomanni di turno”. Insomma, è come non avere più un vero interlocutore a Viale Trastevere: “Sono dei passacarte i ministri di adesso”.
E il tema nevralgico della valutazione, che ormai ruota tutto intorno all’Invalsi, non trova Bernocchi certo più remissivo: “I quiz da strumento demoscopico sono diventati a strumento di controllo dei docenti e di selezione degli studenti. Qual è il risultato di tutto questo? Uno snaturamento pericolosissimo della didattica – insiste Bernocchi – con i docenti che mettono in pratica il tanto vituperato, almeno a parole, teaching to the test”.
“Da parte del Ministero c’è stato un parziale passo indietro – continua – per esempio non ha avuto seguito la proposta di ‘rimandare’ i docenti i cui allievi avessero totalizzato un punteggio basso ai test”. E’ vero, nel decreto convertito a novembre è sparita quella che noi di Orizzonte Scuola avevamo definito ‘formazione coatta’ per i docenti, “una prova del fatto che hanno la coscienza sporca. Se dai quiz devono dipendere l’immagine, il prestigio e persino lo stipendio degli insegnanti, allora dovremo rassegnarci al fatto che questi cominceranno a preparare non più lezioni, ma banali quiz”. Posta così l’obiezione del portavoce dei Cobas non fa una piega, ma bisognerà pur far entrare nella scuola l’idea che i risultati degli apprendimenti possano, debbano essere misurabili e misurati? “Non può esistere una misurazione oggettiva dell’apprendimento, di questo siamo convinti. Né tanto meno una valutazione del lavoro dei docenti: come decidere chi debbano essere i valutatori?”.
Nemmeno, quindi, pensare a una selezione ferrea in ingresso, mettendo in cattedra solo i più preparati? “L’evidenza internazionale ha dimostrato che le migliori università e le migliori scuole superiori private americane sono quelle in cui lavorano i docenti più brillanti, che meglio padroneggiano le loro discipline. Ma per arrivare a un simile grado di selezione il sistema privato investe risorse ingenti: per interi semestri i valutatori assistono, per esempio, alle lezioni dei candidati ritenuti più brillanti per verificarne l’efficacia didattica oltre che scientifica”.
E se l’azione ispettiva venisse rafforzata anche in Italia? “Non è questo il punto: in Italia dobbiamo pensare ad avere una buona scuola di massa”. Così tutto il dire che si fa ultimamente sulle eccellenze, sul mandare in cattedra i migliori si infrange secondo Bernocchi sullo scoglio acuminato della mancanza di risorse: “Per avere una scuola di massa di qualità bisogna che il corpo docente sia motivato, aggiornato e ben pagato. La valutazione non è così fondamentale: facciamo invece in modo che gli insegnanti lavorino al meglio delle loro possibilità. Per esempio, torniamo a prevedere un periodo sabbatico in modo che possano aggiornarsi dal punto di vista didattico o tecnologico”.
“La scuola è un investimento – conclude – non può essere concepita come un luogo di ‘infarinatura’, in cui ‘addestrare’ i ragazzi a essere buoni esecutori di decisioni prese da altri. Deve esserci un ritorno allo studio critico, un’educazione alla profondità e all’umanità. I nostri ragazzi devono uscire dalla scuola capaci di comprendere l’umanità che li circonda, solo così sapranno padroneggiare meglio la tecnica. E’ la banalizzazione dei saperi il vero pericolo della scuola di oggi, con la conseguente trasformazione del docente in un intrattenitore, un baby sitter”.