Ovviamente sono pienamente protagonista e partecipe della indignazione per le mostruose condanne del boia Erdogan contro l’HDP, che abbiamo espresso nel comunicato della Confederazione COBAS di solidarietà con i compagni/e e fratelli/sorelle curdi/e (cfr. alla fine dell’articolo) Ma non posso evitare di domandarmi: quanto è condivisa questa indignazione nella “compagneria” varia (o “sinistra conflittuale” se vi sembra termine più adeguato) e in particolare tra gli studenti (e non) in pur giusta mobilitazione permanente pro-Palestina?
Ad esempio. Come si spiega che contro il boia Erdogan non ci sia stata nemmeno un centesimo della mobilitazione, certo sacrosanta, pro-Palestina? Come mai nelle manifestazioni di piazza nazionali degli ultimi tempi a fianco dei curdi/e, quando abbiamo superato le mille presenze siamo stati spinti a considerarlo un successo? Eppure come massacratore Erdogan non ha nulla da invidiare a Netanyahu, senza che peraltro abbia manco l’alibi di una carneficina orripilante, nei confronti di cittadini turchi, analoga a quella perpetrata criminalmente da Hamas il 7 ottobre. E in quanto alla linearità, coerenza, trasparenza, bellezza della battaglia democratica, femminista, multiculturale, laica dei compagni e fratelli/sorelle curdi/e non c’è paragone, in particolare per la sintonia con quello che dovrebbe essere il pensiero della “compagneria”, rispetto al fascio-islamismo, al delirio teocratico, alle “guerre sante” e permanenti contro gli “infedeli”, al sessismo, alla misoginia, all’omofobia di Hamas che purtroppo egemonizza attualmente i palestinesi. Vi risulta che sia stata occupata qualche università per denunciare l’ignobile politica di Erdogan contro i curdi e per chiedere ad esempio l’interruzione di ogni rapporto e progetto con le Università di Istanbul, Ankara e Smirne? La domanda è ovviamente retorica: sappiamo bene che niente di tutto questo è successo.
Qualcosa di analogo, e di apparentemente altrettanto incomprensibile, riguarda l’ondata di vera e propria islamofilia (altro che islamofobia!) che colpisce buona parte della sinistra “conflittuale” italiana ma anche quella di altri paesi d’Europa e degli USA, con la diffusione vasta di quello che in Francia viene chiamato islamo-gauchisme. In queste ore, alla notizia della morte del boia e presidente-fantoccio dell’Iran Ebrahim Raisi e di alcuni suoi sodali ai vertici del governo fascio-teocratico, ho scritto un messaggio nelle nostre liste interne COBAS in cui esprimevo la mia legittima soddisfazione per l’evento. Aggiungevo però che si trattava di gioia di breve durata, perchè in tale mostruoso regime c’è la fila di massacratori simil-Raisi, che alla fin fine è stato nient’altro che uno dei tanti pupazzi nelle mani del boia supremo Khamenei. Ora, pur come “pupazzo”, di suo Raisi ci aveva messo molto. Nel 1988, in quanto capo della magistratura, Raisi mandò al patibolo decine di migliaia di oppositori e detenuti/e, comunisti del Tudeh, Mojaheddin del Popolo, politici e sindacalisti “eterodossi”, oltre a tanti cittadini “comuni”, manco davvero politicizzati ma arrestati per manifestazioni e proteste: in tutto si parla di circa 30 mila persone sterminate. Più recentemente, la sua carriera di massacratore si era arricchita di nuove orrende imprese, centinaia di omosessuali torturati e uccisi, migliaia di donne violentate nelle carceri , torturate anch’esse e parecchie uccise, e tanti ordini di sparare in piazza, di giustiziare nelle carceri chi aveva tentato pacificamente di chiedere il ritorno dell’Iran alla democrazie dopo 45 anni di orrenda dittatura oscurantista e teocratica.
L’epitaffio più significativo e di maggior peso per questo ripugnante criminale l’ha fatta Putin, uno che come satrapo repressore non ha nulla da imparare, anche se si può permettere, vista l’acquiescienza di gran parte del popolo russo, da sempre ben più docile di quello iraniano, di essere meno sanguinario (almeno con i russi, altra musica per gli ucraini) che così ha commentato la morte del boia iraniano: “Ho avuto la possibilità di incontrare ripetutamente Seyed Ebrahim Raisi e conserverò per sempre il ricordo più fulgido di questo meraviglioso uomo“. Ma non meno ignobile il commento servile del presidente del Venezuela, Nicolas Maduro: “Ci accompagna un grande dolore nel commiato a una persona esemplare e uno straordinario leader, un eccellente essere umano, un difensore della sovranità del proprio popolo e un amico del Venezuela. Siete voi gli esempi di dignità morale e resistenza”. Più prevedibile magari Erdogan, collega di Raisi nella carica di presidente-boia, che ha pubblicato il seguente messaggio di cordoglio: “Prego per la misericordia di Dio per il mio stimato omologo, mio fratello, e per il presidente della Repubblica islamica dell’Iran, Ibrahim Raisi…Esprimo le mie più sentite condoglianze all’amichevole e fraterno popolo e governo iraniano, in particolare al leader religioso della Repubblica islamica dell’Iran, Ali Khamenei. In qualità di collega che durante il suo mandato ha assistito personalmente ai suoi sforzi per la pace del popolo iraniano e della nostra regione, ricordo il signor Presidente con rispetto e gratitudine. Saremo al fianco del nostro vicino Iran in questi giorni difficili e tristi, come abbiamo sempre fatto“
Ora, quanto commesso da Raisi è non già opera individuale ma agghiacciante impresa collettiva del regime iraniano, che ha dato ulteriore prova della propria ferocia nella barbarica repressione che ha seguito l’eroico tentativo di rivoluzione iraniana – condotta in primo luogo dalle donne – che personalmente ritengo la prima, vera e esaltante rivoluzione del femminismo mondiale. Però la domanda che mi assilla è: come mai neanche tutto questa mattanza ha mosso in vera solidarietà la suddetta “compagneria”, in grado di mobilitarsi come si deve nella difesa dei palestinesi ma pressochè indifferente alle mostruosità iraniane, non certo inferiori a quelle di Netanyahu? Come mai nessuno ha chiesto di interrompere i progetti comuni di varie università italiane con l’Università di Teheran? Come si spiega la ben tiepida reazione del transfemminismo italico durante la bestiale repressione in Iran della rivolta/rivoluzione, come mai, qui da noi, esso appare, in varie componenti, persino “comprensivo” nei riguardi dell’oppressione domestica islamista (da noi e in Europa, intendo, non solo in Iran o nei paesi islamisti) nei confronti delle donne sottomesse, velate e umiliate continuamente, arrivando addirittura, in alcuni scritti e discorsi, a offrire l’alibi al super-sessismo e super-machismo islamista del “dovuto rispetto delle tradizioni etniche e religiose“?
Si potrebbe pensare ad una ben singolare schizofrenia. E invece una logica c’è ed è ben nota a quelli/e della mia generazione: si tratta dell’antimperialismo a senso unico, dell’idea, permanente e perdurante nella sinistra italiana “conflittuale”, e non solo, che l’unico imperialismo, “Satana” del mondo e nemico dell’umanità, sia quello USA: e che chiunque gli sia ostile, nella logica insopportabile del “nemico del mio nemico è mio amico“, diviene un alleato le cui colpe e i cui crimini, per quanto mostruosi, vanno assolti, o ignorati, o minimizzati. Certo, era una logica sbagliata anche negli anni ’60, ’70 e ’80, contro la quale il sottoscritto e ben pochi altri ci battemmo in quei tempi, quando l’invasione della Cecoslovacchia o la repressione in Polonia, e successivamente i massacri sovietici in Afghanistan e Cecenia, venivano ignorati o giustificati da gran parte della “compagneria”. Ma ora, quando tra i “nemici dei nostri nemici” si annoverano mostruosità come l’Iran di Khamenei, la Siria di Assad, la Turchia di Erdogan, Hamas, Hezbollah ecc., francamente tale assurda unilateralità appare davvero ingiustificabile e mi sembra togliere buona parte della positiva novità delle attuali mobilitazioni, peraltro indispensabili di per sè, messe in campo dalla maggioranza di questa “compagneria”, studentesca o meno, che mi pare, purtroppo, rischiare di riproporre vecchi e vieppiù dannosi schemi di visione, unilaterale e altamente miope, dei grandi poteri politici e militari in guerra tra loro nel mondo.
Piero Bernocchi
A fronte della richiesta urgente di solidarietà, stante le recenti crudeli condanne nei confronti di 22 compagne/i HDP e in particolare ai 2 ex co-presidenti, abbiamo inviato loro il seguente messaggio COBAS: Incondizionata solidarietà con le/i 22 compagne/i Hdp colpiti dal regime fascista di Erdogan con complessivi 372 anni di carcere, tra cui i co-leader ex Hdp Demirtas e Yuksekdag rispettivamente con 42,5 anni e 30,3 anni ! Una sentenza mostruosa, un plotone di esecuzione, che va condannata in tutto il mondo e capace di mettere in moto molte più energie per porre fine al regime sanguinario , così da liberare la Turchia dalla dittatura e dalla guerra. Libertà per i condannati, libertà per Ocalan , liberi/e tutte/i
Confederazione COBAS