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COMMISSIONE INTERNAZIONALE
RELAZIONE SU PORTO ALEGRE
TERZA EDIZIONE DEL FORUM SOCIALE MONDIALE
A cura della Commissione internazionale
Febbraio 2003
Il clima politico generale
L’anno scorso la nostra delegazione a Porto Alegre si era battuta perché si realizzasse fin dall’edizione del 2003 lo spostamento della sede del Forum Sociale Mondiale da Porto Alegre in un’altra nazione – possibilmente del continente asiatico – disponibile ad accogliere questo evento e affinché tale criterio di rotazione divenisse permanente e permettesse progressivamente di raggiungere tutti i continenti. L’attuazione di tale proposta – come riportato nella relazione dello scorso anno – venne rinviata al 2004 mentre venne riconfermata nel 2003, per la terza volta di seguito, la sede di Porto Alegre.
Oltre a voler dissipare ogni possibile identificazione di Porto Alegre e del Brasile come, rispettivamente, casa-madre e Stato-guida dei “no-global” e del movimento antiliberista (insomma, una ripetizione – mutatis mutandis – del ruolo dell’Urss nei confronti del movimento operaio novecentesco), la nostra proposta, fatta propria anche da molte altre delegazioni, voleva evitare la ripetitività/stanchezza di un ritorno annuale, tipo pellegrinaggio, a Porto Alegre e coinvolgere in questo “evento” più direttamente nuove forze e nuovi entusiasmi.
Ciò premesso, non ci ha affatto sorpreso il clima, appunto ripetitivo e con un deciso calo di attenzione generale interno, che ha in qualche modo circondato il Forum Sociale Mondiale se lo guardiamo dal punto di vista dei partecipanti “abituali” e delle forze brasiliane coinvolte, molto più prese dalla novità storica del governo Lula. Va segnalato che la macchina organizzativa quest’anno è stata decisamente più inefficiente rispetto alle precedenti edizioni: dal programma distribuito a lavori già iniziati fino alle iniziative spostate all’ultimo momento e in luoghi dove molto spesso l’impianto di amplificazione era assolutamente inadeguato.
Il tutto in una città che non ricordava neanche lontanamente l’entusiasmo e l’attenzione del primo Forum Sociale Mondiale: non un manifesto a ricordare l’evento, ed un tentativo generalizzato di contenere le spese (finanziate tra l’altro anche dalla Fondazione Ford).
Questo nonostante che i numeri formali dei partecipanti risultino aumentati; la dispersione dei dibattiti in molti più luoghi degli anni scorsi infatti ha dato meno risalto a tale partecipazione; le manifestazioni di apertura e di chiusura hanno ripetuto le cifre dell’anno scorso (60-70 mila la prima, 20 mila la seconda) così come le composizioni (grande presenza di partiti e partitini prevalentemente trotzkisti e m-l, o comunisti “tradizionali”, con slogan ripetitivi fino al demenziale). Di fatto gli avvenimenti di piazza più significativi sono stati il comizio di Lula e la venuta di Chavez: e tali avvenimenti hanno segnalato, meglio di ogni altra cosa, la vera novità del Forum, o più precisamente del clima intorno al Forum, che ha segnato la settimana di lavori più di quanto abbiano fatto i lavori stessi.
Ci riferiamo alla straordinaria effervescenza politica che sta investendo il Brasile e tutta l’America Latina, a seguito delle trasformazioni politiche e governative in atto in Brasile, Venezuela, Ecuador, Bolivia e Argentina. In Brasile questa effervescenza l’abbiamo sentita quotidianamente e in maniera clamorosa in occasione del comizio di Lula, davanti a un centinaio di migliaia di persone. Un comizio, peraltro, piuttosto pacato in cui Lula si è impegnato su obiettivi riformistici che altrove avremmo chiamato socialdemocratici (cancellare la fame in Brasile, dare lavoro, case, scuola e sanità pubblica a tutti/e) ma che certamente in Brasile, se presi alla lettera, suonano o eversivi o irrealizzabili. Anche il tono del comizio era tutt’altro che retorico o demagogico, del genere roboante piuttosto consueto in America Latina.
Ma anche la venuta di Chavez ha dimostrato quante speranze stanno circolando in America Latina sulla possibilità che si avvii un vero processo antiliberista. Chavez ha parlato due ore nella sala dell’Assemblea legislativa davanti a 6-700 partecipanti al Forum che sono riusciti ad entrare (tra cui noi), mentre fuori ne sono rimasti 4-5 mila che a un certo punto, quando la ressa si era fatta davvero preoccupante, hanno (abbiamo) dovuto subire anche una carica di “alleggerimento” (ma non per questo meno rischiosa, a causa dell’impossibilità di muoversi) da parte della polizia militare (la Brigada Militar, il cui potere, a nostro avviso, resta impressionante).
Non entriamo qui nel merito di un giudizio sulla politica di Chavez e sulle sue reali intenzioni, difficili da valutare una volta per tutte. Ma di certo si è trattato di un discorso lucidissimo, seppur assai più accattivante/retorico di quello di Lula, certamente antiliberista /anticapitalista (a parole, almeno) e che ha delineato un quadro di alleanze in America Latina e con il movimento antiliberista “no-global” mondiale, ed europeo in particolare, che ha sorpreso un po’ tutti e certamente gli italiani/e presenti.
In questo senso non è stata affatto irrilevante la rivendicazione del diritto a nazionalizzare il petrolio, cacciando le multinazionali legate agli USA per “costruire ospedali e scuole pubbliche, case e strade per chi non le ha mai avute”. E ancora di più l’invito a difendere – con ogni mezzo necessario – il Venezuela perché, testuale, “se fallisce questa esperienza si chiudono molte prospettive per i destini dei popoli dell’America Latina e del mondo intero”. Insomma, l’impressione è stata che la via Bolivariana di Chavez forse lascia ancora molti dubbi in settori anticapitalisti – abbiamo registrato molte critiche da parte di aree sindacali di sinistra esterni al blocco degli scioperanti – ma sicuramente esercita un fascino notevole sulle popolazioni dell’America Latina.
Gli argentini, ecuadoregni, boliviani e cubani presenti ci hanno dato la sensazione di un continente in piena ebollizione, le cui avanguardie antiliberiste o tout court anticapitaliste sentono l’odore della grande occasione, ma anche percepiscono gli enormi rischi politici e militari che l’intero sub-continente sta vivendo. E questa “ebollizione” ha permeato l’intero Forum, attenuando la portata delle cose che colà continuavano a non andare bene.
Non va sottaciuto comunque il richiamo presente anche nei dibattiti conclusivi finali ai fenomeni repressivi sempre in corso in queste regioni: la compagna boliviana intervenuta poco prima di Chomsky ha ricordato che in Bolivia si è vissuta con dolore la morte di Carlo Giuliani, ma che nella loro terra muoiono quotidianamente a decine compagni come Carlo senza che questo susciti quella giusta ondata di indignazione che è seguita a quell’assassinio.
La riunione del Consiglio mondiale del FSM
E’ stata un’occasione di grossa battaglia politica all’interno di quello che, bene o male, è il gruppo mondiale “trainante” del meccanismo del Forum sociale mondiale, e noi vi abbiamo preso parte appieno, sia come delegazione Cobas (come osservatori accreditati con diritto di parola) sia come delegazione italiana, seppur non formalizzata. Piero Bernocchi, a nome della delegazione italiana presente ai lavori (circa dieci persone), ha presentato le proposte di modifica di un documento che il Segretariato brasiliano aveva sottoposto all’approvazione del Consiglio.
Lo scontro, a tratti molto aspro e che è durato un’intera giornata, è ruotato essenzialmente sulle “regole del gioco”: e in particolare sulle funzioni/poteri del Consiglio e del Segretariato organizzativo brasiliano, sullo spostamento della sede del FSM da Porto Alegre e sulla struttura dei prossimi Forum mondiali, sui rapporti tra il FSM e i Forum locali. Ma anche sui contenuti (modalità e piattaforma della lotta contro la guerra e il liberismo) le varie componenti, più moderate o più radicali, sono venute allo scoperto.
Particolarmente aspra è stata la battaglia per lo spostamento in India, che abbiamo sostenuto come delegazione italiana (il cui credito generale, dopo Genova e soprattutto Firenze, è molto elevato, nonostante le ovvie ironie su Berlusconi) in stretta alleanza con gli indiani e asiatici, con una parte dei francesi (quelli non legati a Le monde diplomatique) e anche qualche brasiliano autorevole, e avendo contro praticamente tutti i delegati latinoamericani (da via Campesina fino ai Cubani). L’abbiamo spuntata, ma con un compromesso non indolore: nel 2005 si ritorna a Porto Alegre. Però, va tenuto conto che da qui ad allora molte cose potrebbero cambiare, che c’è una proposta forte di fare il FSM ogni due anni e non più ogni anno (sennò si passa la vita a fare Forum) e che comunque lo spostamento del prossimo anno avrà effetti benefici sullo svincolamento da “una casa-madre”, cosi come lo svolgimento dei Forum locali.
Anche sul Consiglio Mondiale qualche passo avanti si è fatto. Da struttura mai formalizzata ma sostanzialmente egemonizzata dall’asse brasiliano – francese, si passerà ad una struttura più aperta con delegati delle organizzazioni (anche se non è ancora chiaro se dovranno essere organizzazioni con una rete internazionale o anche solo nazionali) che accettano la Carta di Porto Alegre (quella costitutiva del Primo Forum) e con delegati (in numero ampio) dei Forum continentali e locali. Così come quasi tutti/e, almeno a parole, hanno sostenuto che il Consiglio non potrà mai essere un Politburo, che deciderà solo in funzione dell’organizzazione del FSM e non delle campagne politiche e che le decisioni verranno prese solo a larghissimo consenso. Resta però la sensazione della grande difficoltà a mettere tutti sullo stesso piano in tema di poteri decisionali, visto che la dominanza delle componenti storiche (Via Campesina, Sem terra, Cut, PT ecc..), dovuta a reali rapporti di forza in campo, appare incrinata ma tutt’altro che eliminata.
La Rete dei movimenti sociali
Quella che, nelle precedenti edizioni, era l’Assemblea dei movimenti sociali (che aveva partorito gli unici documenti significativi, corredati dalle varie scadenze unitarie mondiali), si è trasformata in luogo costitutivo (con due giorni di dibattito) di una Rete dei movimenti sociali, dotata di un’impostazione sufficientemente radicale nei contenuti e di ampio potere decisionale in materia di campagne politico-sociali contro la guerra e il liberismo. Nel merito, c’è stato un accordo generale per il varo di questa rete, che vede tra i protagonisti Via Campesina, i Sem Terra, la sinistra della CUT (il grande sindacato brasiliano), una parte di Attac (quella più legata alla IV Internazionale) e la gran parte degli europei che si sono mossi unitariamente per il Forum di Firenze (da Globalise Resistance ai catalani, dai baschi a SUD e al Social Forum greco; e per l’Italia, Cobas e Sincobas, Rifondazione e Arci, Fiom e, seppur con una presenza saltuaria e ridotta, Disobbedienti ecc..). Il documento finale, che a giorni dovrebbe essere in rete tradotto (altrimenti lo manderemo in una delle tre lingue usate a Porto Alegre), è accettabile sia sulla guerra (anche se, sulla proposta dello sciopero mondiale contro la guerra, che pure aveva raccolto molti consensi, c’è stato un veto metodologico – del tipo “gli scioperi li decidono le organizzazioni sindacali non i movimenti” – da parte di buona parte dei grandi sindacati presenti, sia latinoamericani sia europei sia indiani) sia sulle campagne antiliberiste. Non lo è invece sulle questioni annose delle “regole del gioco”, perché (e noi abbiamo insistito molto su questo) si ripropone il problema della gestione della Rete tra le assemblee plenarie, che si dovrebbero tenere ogni sei mesi, e comunque almeno una l’anno (la prossima a Cancun- Messico a settembre, in coincidenze con le manifestazioni anti-WTO).
Come Cobas abbiamo proposto un Coordinamento internazionale, con un paio di delegati per organizzazione, rete o associazione aderente alla Rete, che cerchi di vedersi un paio di volte l’anno tra un’assemblea e l’altra e che eviti il ripetersi di un monopolio gestionale da parte dei brasiliani o delle organizzazioni più forti. Ci è stato obiettato che le adesioni perverranno telematicamente entro un paio di mesi e così le proposte sulle formule organizzative e che dunque non si poteva decidere prima di Cancun: nel frattempo opererà un “gruppo di contatto” telematico da costituire nelle prossime settimane con candidature da parte dei singoli paesi. Va infine aggiunto che l’espressione “Rete dei movimenti sociali” è certamente impropria o parziale, perché abbiamo a che fare con reti, movimenti ma anche con organizzazioni politiche, sindacali e sociali ben definite, esattamente come succede in Italia.
Non si può comunque nascondere che anche su questo terreno si ripresenta il rischio di burocratizzare i percorsi e la costruzione della rete. Né, per altro, nella dinamica assembleare mondiale, abbiamo potuto individuare esattamente quale sia il peso reale che nei singoli paesi esercitano i movimenti che si propongono per costituire la rete.
Il Network contro la guerra
Sempre con protagoniste le principali aree europee che hanno promosso il Forum di Firenze, ma con una buona presenza brasiliana, argentina, statunitense, indiana, australiana ecc.., si è avviato il Network contro la guerra, che ha lanciato l’estensione extraeuropea delle manifestazioni del 15 febbraio, un invito alle organizzazioni sindacali a incontrarsi nei singoli paesi per discutere la proposta degli scioperi contro la guerra, le azioni di boicottaggio/intralcio/blocco intorno alle basi militari, alle industrie di guerra e ai trasporti di materiale bellico. L’asse principale di azione è quello italo-inglese-greco-spagnolo per quel che riguarda l’Europa (ma sia la Francia sia il nord e centroEuropa sulla questione guerra stanno recuperando terreno). Comunque, per coordinare a livello generale le mobilitazioni post-15 febbrario, il Network si incontrerà a Londra l’1 e 2 marzo.
La lotta alle privatizzazioni e alla mercificazione globale: l’anti-WTO a Cancun
L’altro grande tema di discussione e di iniziativa, dopo la guerra, è stata la campagna mondiale contro la privatizzazione/mercificazione di tutti i beni umani essenziali. Per la prima volta si è realizzata una sostanziale convergenza tra chi lotta contro la privatizzazione/mercificazione globale di terra, acqua, sementi ecc.. e chi fa analoghe lotte sui temi scuola, sanità, servizi. Agevolati in questo dal tentativo degli ultimi mesi di introdurre nella liberalizzazione globale (che si vuole sanzionare a Cancun nell’incontro del WTO – l’Organizzazione mondiale del commercio – di settembre) anche la scuola, la sanità e la cultura/informazione, siamo finalmente riusciti a parlare un linguaggio “comprensibile” con contadini, piccoli agricoltori e allevatori, pescatori ecc..
L’appuntamento unitario sarà dunque Cancun: ma per l’Europa c’è la volontà comune di manifestare contro l’inserimento di scuola e sanità nell’agenda del “servizi” da privatizzare; tema sul quale i paesi della Comunità dovranno decidere entro il 31 marzo. Il Belgio è il paese che sta più avanti in questa mobilitazione (domenica scorsa 30 mila persone, in netta maggioranza lavoratori portati in piazza dai due principali sindacati belgi, hanno manifestato contro il GATS – appunto l’Accordo generale per la commercializzazione dei servizi – che dovrebbe inserire nella trattativa liberalizzante del WTO anche scuola e sanità). Per il 13 marzo gli studenti di alcune organizzazioni europee (ESIB) legate ai sindacati tradizionali (in Italia UDS e UDU) hanno annunciato iniziative ma non cortei. Noi ci siamo impegnati per manifestare entro marzo, mentre la Cgil ha proposto quella sua data del 12 aprile che però è abbondantemente fuori tempo massimo.
Riteniamo comunque che la battaglia contro il GATS debba prevedere un impegno più ampio da parte della Confederazione in particolare sui temi in cui abbiamo una presenza più radicata: Scuola, Sanità, Acqua ed Energia. Il 22 – 23 febbraio a Parigi si terrà l’assemblea, alla quale parteciperemo, promossa da SUD e dalle organizzazioni sindacali di base che stanno organizzando la mobilitazione contro l’accordo del GATS sulla commercializzazione dei servizi. In questo filone si inserisce anche l’assemblea del 23 marzo a Parigi della rete europea sul diritto alla salute sulla quale stiamo lavorando da mesi e che si è ora arricchita anche di alcune presenze latino-americane.
L’organizzazione delle iniziative contro il G8 a Evian
E’ la campagna sulla quale ci sono i maggiori ritardi. Per ragioni non tutte razionali, è come se si pensasse, dopo Genova, che le riunioni del G8 siano a priori già delegittimate; ma forse, e per questo parlavamo di motivi anche di carattere puramente emotivo, può darsi che il grado di violenza messo in campo a Genova dai padroni del mondo induca a mettere quasi tra parentesi il G8. Comunque sia, alla riunione per fare il punto sulla mobilitazione (vi ricordiamo che il G8 si terrà dall’1 al 3 giugno, e che Evian è in Francia ma praticamente al confine con la Svizzera, stretta tra il lago e le montagne) c’eravamo solo noi italiani, i francesi, gli svizzeri, qualche spagnolo e qualche curioso. Il lavoro fin qui fatto è molto poco. Le autorità locali parlano di una “zona rossa” di circa 7 km. I francesi ci tengono molto, ovviamente, ad un legame stretto con “quelli di Genova” ed hanno organizzato per il 1 e 2 marzo (la stessa data della riunione anti-guerra di Londra e, se sarà confermata, dell’assemblea nazionale del movimento italiano, che dovrebbe discutere la sua organizzazione generale, dopo Porto Alegre, se non prevarrà l’orientamento ad un rinvio, che a noi parrebbe la cosa più ragionevole visto il dominio dei venti di guerra) la prima assemblea europea per impostare seriamente la campagna anti-G8.
Bisogna però rilevare che la discussione su questo evento è, al momento, in Italia praticamente inesistente. Di fatto è molto più avanti la preparazione del Forum Europeo di novembre che non la costruzione della mobilitazione contro il G8. A nostro giudizio la Confederazione dovrebbe farsi promotrice di una forte azione di “sensibilizzazione” sulle altre organizzazioni proponendo iniziative di discussione in tempi brevi.
I dibattiti
Come ben potete capire da questa lunga elencazione di campagne e dibattiti su questioni organizzative e politiche di movimento, essendosi dilatata la parte di discussione in merito, è restato ben poco tempo per seguire le conferenze e i seminari. C’è stata la solita separazione tra le conferenze “importanti” e le altre, quelle della gente comune, ingrandita quest’anno dal fatto che le prime si svolgevano in un palazzetto dello Sport dove potevano entrare fino a 15 mila persone (anche se poi magari, a volte, ce stavano effettivamente non più di trecento, come è capitato aa un patetico Agnolotto, che aveva fatto fuoco e fiamme per parlare in tal luogo, visto che vi erano annunciati – ma poi come si sa non sono venuti – anche Cofferati e Moretti), e le altre in sale da non più di mille posti. Piero Bernocchi ha tenuto la sua relazione sulla natura degli attuali movimenti, e in particolare del movimento “no-global”, davanti a circa 500 persone a cui è seguito un interessante dibattito sulle nuove forme della politica, sulla non-separazione tra politico, sociale e sindacale, sull’autorganizzazione ecc..Tanto per fare un confronto, Epifani (insieme a Caruso) ha parlato davanti a 150-200 persone, di cui più di metà erano quadri sindacali italiani o giornalisti italiani (anche perché gli altri capivano ben poco, avendo entrambi parlato in italiano, con traduzione a seguire solo in spagnolo e un riassunto finale in francese). Ovviamente, la conferenza che ha davvero straripato è stata quella di Chomsky e Arundhati Roy (ci doveva essere anche il leader boliviano Evo Morales, che ha dato forfait all’ultimo momento) con circa 15 mila persone. Ma in genere è stato molto più equilibrato/efficace il modello fiorentino con decine di plenarie più o meno alla pari, in sale equivalenti, sulle 2-3 mila persone.
Forum Mondiale della Sanità dei Poveri
Di questo Forum prima dell’arrivo in Brasile si sapeva abbastanza poco. Forse perché è una tendenza radicata da parte dei latino-americani quella di considerare mondiale tutto ciò che interessa questa parte di mondo. Di fatto, ad esclusione di noi e qualche francese, il Forum era prevalentemente composto da un asse argentino-brasiliano a cui dopo l’incontro di Santo Domingo dell’anno precedente si erano aggiunti uruguayani, paraguayani, cileni, ecuadoriani, boliviani, salvadoregni e venezuelani. Realtà tra loro molto differenti per inclinazioni politiche e per esperienza, ma tutti molto critici sulle politiche di globalizzazione del mercato della salute.
Particolarmente interessante il rapporto con l’organizzazione argentina CI.COP, nata da una rottura con i sindacati argentini – tra i più corrotti dell’intera America latina – che rifiutando il tradizionale modello di organizzazione della categoria (lavorano insieme medici e altri operatori sanitari) fanno un intervento politico e sindacale ma soprattutto sociale, visto che garantiscono il loro supporto nei barrios alle organizzazioni piquetere. La discussione con loro è stata molto interessante e loro stessi hanno detto che leggendo i nostri documenti hanno trovato molte di quelle motivazioni e spinte che li avevano portati circa dieci anni fa a dare vita a questa esperienza, riconosciuta e apprezzata da tutte le componenti del movimento argentino.
Interessante anche se da un punto di vista molto differente l’esperienza nel settore della salute da parte della CUT Brasiliana. Anche se sappiamo che non tutto è oro quel che luccica, la loro rete di consigli popolari della salute – che hanno la possibilità di verificare la qualità delle prestazioni erogate nelle singole strutture sanitarie – rappresenta senza dubbio una esperienza interessante soprattutto in relazione al dibatto interno alla rete europea sul diritto alla salute.
Il nostro intervento richiesto dal Coordinatore dell’Assemblea ha fatto il punto sulla esperienza che stiamo facendo in Europa con la costruzione della rete per il diritto alla salute. I delegati hanno recepito con molta attenzione e si è anche discusso sulla opportunità/necessità di fare in modo che questa rete diventi mondiale, generalizzando una lotta per un diritto che non può avere confini. Questo ovviamente non significa annullare specificità che sono fin troppo evidenti: le nostre sono “contraddizioni” di popoli ricchi mentre in America latina e in altre parti del mondo il diritto alla salute è ancora un miraggio, qualcosa di molto lontano da venire.
I brasiliani e gli argentini hanno comunque deciso di partecipare il 23 marzo a Parigi alla assemblea della rete Europea e questo rende particolarmente interessante l’appuntamento francese che dopo il seminario di Firenze dovrà lanciare la struttura operativa di questa rete.
Oltre al Forum Mondiale della Sanità abbiamo partecipato anche ad una iniziativa, organizzata dal Sindacato della Sanità della CUT, su Salute e globalizzazione parecchio affollata e al termine della quale dopo il nostro intervento la CUT ci ha invitato ad una riunione con i maggiori Consigli Popolari della Salute per avere uno scambio di esperienza diretta.
La Sanità è uno dei punti forti del programma sociale proposto da Lula. Non è facile fare previsioni in tal senso ma questi operatori sembravano animati da uno spirito di grande attesa per l’annunciata trasformazione, viste anche le condizioni drammatiche delle strutture sanitarie in alcune regioni del Brasile.
Non ci rimane che preparare in modo decente – speriamo un po’ meglio di Firenze – l’assemblea parigina a cui si prevede una buona partecipazione anche se non abbiamo ancora capito bene la presenza frenante dei francesi. Per quanto ci riguarda abbiamo in cantiere una assemblea nazionale a Firenze domenica 23 febbraio che servirà a mettere a punto proprio la due giorni europea ma anche a fare i conti con chi e come vuole partecipare alla rete italiana.
Il Forum dell’Educazione
l’edizione di quest’anno, intitolata “Educazione e trasformazione” si poneva l’obiettivo di definire una piattaforma mondiale che promuovesse una educazione pubblica di qualità come diritto umano.
Il riconoscere l’educazione come un diritto umano inalienabile e non un servizio, e l’ universalizzazione dell’insegnamento basico sono stati i principali assi attorno ai quali è ruotata la proposta del Forum, nella prospettiva di “costruire l’educazione per un altro mondo possibile”: una educazione pubblica, laica, capace di promuovere cittadinanza attiva, multiculturale e ispirata a una cultura di pace e solidarietà.
Educazione ambientale, educazione per la pace, educazione e comunicazione, educazione sessuale, educazione e genere , etnia e razza, e molti altri temi si sono dibattuti in 3 giorni, con la partecipazione di 15.000 persone tra professori, educatori, studenti, genitori; tre conferenze, nove dibattiti tematici e sette dibattiti speciali, 41 laboratori sono stati sintetizzati nella dichiarazione finale che riprende quella dell’anno scorso, e, pur puntando molto l’attenzione sulle problematiche specifiche del terzo mondo, è comunque uno strumento utile per iniziare un dibattito tra esperienze piuttosto lontane e poco comunicanti.
Tuttavia il taglio dato all’evento dal Comitato organizzativo è molto tecnico-pedagogico, concentrato sulla attività di “supplenza” da parte della scuola rispetto ad una società socialmente disgregata (le attività verso gli adulti, l’alfabetizzazione, le “educazioni”, le esperienze nelle favelas o verso gli insediamenti dei sem terra ecc..) e assai poco sulla scuola pubblica come noi la intendiamo (peraltro fragilissima e sovente del tutto “minoritaria” rispetto alla scuola privata in tanti paesi dell’America Latina e in Brasile in primo luogo): probabilmente il tratto più ricco e positivo è stato proprio l’intrecciarsi e scambiarsi di esperienze e proposte tra le strutture (movimenti, sindacati, ong) e le persone impegnate in campo educativo
Come già l’anno scorso, tutto il forum è stato fortemente brasile-centrico o comunque puntato sui problemi e le esperienze del latinoamerica. Inoltre, essendo nato a Porto Alegre ,dove si è svolto per la seconda volta,con il forte appoggio delle autorità della città e dello stato, si è riproposta in piccolo, rispetto al Forum sociale mondiale, l’assunzione da parte dei brasiliani di una sorta di paternità e di gestione dell’ indirizzo politico del forum.
Anche il nostro tentativo di inserirci come italiani ed europei per rivendicare uno spazio maggiore e pesare in qualche modo sulla dichiarazione finale (la cui elaborazione non è stata pubblica, ma riservata ai soli componenti del comitato organizzativo, a spropositata prevalenza brasiliana) non ha dato significativi risultati, nonostante la evidente specificità della scuola pubblica nei paesi occidentali (ancora pubblica, laica e multiculturale, anche se sottoposta a pesantissimi attacchi) e l’arricchimento che la nostra esperienza avrebbe apportato alla piattaforma e al suo obiettivo di essere veramente mondiale; ad esempio lo spazio dato ad una minaccia planetaria quale è il Gats è stato certamente ridotto rispetto alla necessità di costruire immediatamente un fronte il più vasto possibile contro la liberalizzazione mondiale dei servizi e dell’istruzione in particolare.
La lingua della maggior parte delle oficinas (laboratori) era il portoghese, senza traduzione simultanea, e anche per chi poteva comprenderlo, lo sforzo non era indifferente. In più le discussioni sembravano delle passerelle di questo o quel sindacato brasiliano ma sopratutto di questa o quella ong, che sembravano più interessati a marcare la loro esistenza che a fare un discorso davvero generale e valido globalmente sulla scuola.
Non che mancassero iniziative di qualità, ma era piuttosto difficile rintracciarvi la mondialità che il forum si proponeva di avere (totalmente assenti Asia e Africa, limitatissima la presenza europea); pareva più un forum sull’educazione brasiliana. Ora, stante la situazione disastrosa in Brasile per la scuola pubblica ed essendoci stato sempre un forte movimento pedagogico che si occupava di educazione in altri contesti (campagna, favelas,educazione di adulti,differenze di genere e razza, educazione popolare, legata al lavoro, ecc…) le differenti proposte e esperienze sono state messe quasi in vetrina, sfruttando l’onda di Lula che costringe tutti a osservare e valutare che cosa succede in quel paese.
Il Forumzinho
Il nostro rapporto con educatrici e educatori del Forumzinho inizia con il forum europeo di Firenze: due compagne sono state ospitate dai Cobas di Firenze, sono stati stretti ricchi legami politici e personali e a Porto Alegre hanno ospitato Nicola, dei Cobas sanità e Roberto, della scuola. Questo fatto ci ha permesso di partecipare più “da dentro” alle giornate nelle quali si è svolto. Per quanto riguarda il loro lavoro, il suo interesse risiede nella loro proposta pedagogica , in buona parte basata sulla Carta della Terra (documento mondiale che propone valori e principi per un futuro sostenibile), tema generatore da cui trae fondamento.
Il Forumzinho e stato il forum della “criança” , i bambini e i ragazzi, e anche dei loro educatori e dei genitori. Quest’anno è la seconda edizione, a cui sono giunti dopo sette iniziative preparatorie in diversi spazi pubblici della città nel corso dell’autunno con la partecipazione di 3.500 bambini.
Durante il forum dell’educazione hanno organizzato il dibattito speciale VIVEMOS JUNTOS, con l’obiettivo di riflettere sulla Carta della Terra, nella prospettiva di una educazione per la libertà e la trasformazione (con la presenza ,tra gli altri oratori, di Leonardo Boff e Moacir Gadotti) che ha coinvolto oltre 4000 persone.
Durante il forum sociale hanno organizzato il I° incontro internazionale dei Contadores de historias “Tutti i mondi possibili”, con 200 contadores; attività giornaliere con 2500 bambini al giorno; sei attività culturali; 40 officine al giorno; fiera del libro, spazio bambini “Fazendo arte”, spazio per il racconto di storie. Il culmine in un pic-nic social mundial, in un parco, con centinaia di bambini e genitori e la presenza della ministra dell’ambiente del governo di Lula.
Siamo stati molto colpiti e coinvolti dalla loro metodologia pedagogica, che abbiamo visto messa in atto, in particolare per il suo forte accento ambientalista; leggiamo , tra gli obiettivi “…permettere che i bambini partecipino effettivamente alla costruzione di un altro mondo possibile, nella forma di organizzazione che è loro propria, senza linee di pensiero, divisioni etniche, economiche o geografiche […]. Bambini uniti nel puro e semplice scambio di esperienze, con la possibilità di esprimere le proprie idee per quello che sono”.
Come Cesp stiamo studiando e approfondendo il panorama delle “altre” pedagogie (in particolare gran lavoro è stato svolto sulla proposta educativa del Movimento sem terra); la straordinaria, come si è detto, ricchezza di movimenti ed esperienze pedagogiche brasiliane ci sottopone quindi un’altra proposta con la quale confrontarci e da cui trarre spunti per il nostro lavoro, anche sociale e politico, quotidiano.
Il nostro ruolo a Porto Alegre
Va detto, innanzitutto, che a differenza dell’anno scorso, non c’è stato un tentativo di tenere insieme la delegazione italiana. Troppo differenziate e dispersive le iniziative e i luoghi di dibattito, ma anche gli interessi e gli orientamenti. Abbiamo fatto solo una riunione iniziale, che è divenuta anche conferenza-stampa, con circa 200 italiani (alla fine le presenze sono state poco più del doppio), aperta da relazioni di Agnoletto, Bernocchi, Bolini, Muhlbauer. Dopodiché, il nostro massimo impegno è stato dispiegato nelle assemblee di movimento, sia nella Rete dei movimenti sociali sia nel Network contro la guerra sia nel gruppo anti-Evian. In più abbiamo provato a verificare se il Forum educazione era almeno parzialmente modificabile (e non lo era) e abbiamo lavorato con buoni risultati sia nel Forum sanità sia nel lavoro di estensione dei contatti europei e internazionali, sia nella Rete No-vox (il coordinamento dei “sans”, dei senza, senza casa, senza lavoro, senza cittadinanza ecc..). Sul piano massmediatico, abbiamo avuto un’ottima uscita televisiva (Piero Bernocchi è risultato il più intervistato), meno buona sui giornali, che però hanno dato assai meno spazio degli anni passati agli italiani/e, e, a parte il battibecco Epifani-disobbedienti e un po’ di dichiarazioni agnolettiane, hanno preferito far parlare le “star” straniere.
Di sicuro, da Porto Alegre, come da tutti gli altri incontri internazionali, emerge una mole di lavoro che è sempre più intrecciata con le vicende italiane e che tende a influenzare sempre più le singole mobilitazioni nazionali. Inoltre, oramai quella “internazionale antiliberista” di cui spesso si è parlato va delineandosi, seppur con ancora molte contraddizioni e differenze. Crediamo che sia opportuno elevare sia il numero dei militanti che si occupano stabilmente di queste faccende (al momento siamo 5-6) ma soprattutto la discussione/partecipazione/conoscenza su tutta l’intera materia all’interno della Confederazione e delle singole categorie. E bisogna farlo presto, trovando chi è disposto a lavorare con continuità ai collegamenti telematici con le varie forze e con le varie reti mondiali, tenendo ovviamente conto degli ostacoli derivanti dalla conoscenza delle lingue.
Roberto Casalini
Nicola Delussu
Piero Bernocchi