Nel corso della attuale campagna elettorale COBAS per il Consiglio Superiore Pubblica Istruzione, mi ha narrato la propria “disavventura” una docente COBAS della scuola Media, la quale negli ultimi giorni è stata molto turbata per l’arrogante interferenza di una genitrice che aveva protestato per un 4 ricevuto dalla figlia. In modo aggressivo, la mamma, come fosse una “sindacalista” sfegatata della figlia, le aveva intimato di spiegarle le ragioni del 4: ma non a voce e non nelle ore di ricevimento, bensì per iscritto. Alla replica della nostra docente, che giustamente si rifiutava di procedere per iscritto, la genitrice le ha mandato una vera e propria intimazione/intimidazione via PEC (!!!), per trasmetterle il messaggio mafiosetto “se non rispondi, posso anche denunciarti“. L’insegnante si è rivolta alla preside che le ha detto ovviamente di non rispondere e che avrebbe convocato lei la genitrice. Seguiremo attentamente se e come si chiuderà il conflitto: ma con la consapevolezza che questo è solo l’ennesimo episodio, e non certo tra i più eclatanti, di una sorta di “epidemia” – fatta di migliaia di episodi in tutta Italia, soprattutto nelle Superiori – di continue interferenze nella didattica da parte di genitori aggressivi e intolleranti, schierati sempre e comunque con i propri figli, che arrivano cosi a sviluppare un vero e proprio mobbing antidocente.
Da Nord a Sud gli insegnanti sono sempre più spesso vittime di aggressioni fisiche e verbali da parte di genitori, che si comportano da pasdaran dei propri figli nei confronti di docenti già umiliati e delegittimati, dal punto di vista culturale, economico e sociale. Le aggressioni fisiche e verbali sono l’epifenomeno di un’attività continua di assedio permanente nei confronti di insegnanti su cui grava una crescente pressione verbale e psicologica da parte di genitori che usano i social per intervenire pesantemente sul lavoro docente, pretendendo di sapere come si insegna: e non già per migliorare la scuola ma per difendere e avvantaggiare in ogni caso i propri figli/e. L’origine e la fonte primaria di questo fenomeno, che sta “infestando” la scuola, è certamente la distruttiva scelta del potere politico degli ultimi trenta anni (dal ministro Berlinguer in poi) di deformare l’istruzione imponendo la scuola-azienda, una scuola al servizio della clientela, che ordina cosa vuole, che pretende che tutto diventi più facile, lezioni e compiti sempre più “leggeri”, nessun “disturbo” per famiglie e studenti, con l’insegnante al servizio di ciò che chiede il/la “cliente”.
Ci battiamo da tempo, come COBAS, per impedire le violenze fisiche e verbali nei confronti dei/delle docenti. Ma nel contempo va restituita identità culturale e formativa alla scuola – che non può essere azienda al servizio di clienti – e identità e dignità, oltre che adeguato trattamento economico, ai/alle docenti. Proprio nella logica della scuola-azienda, ha infatti influito molto negli ultimi anni in questo conflitto l’atteggiamento di buona parte della dirigenza scolastica che, per ingraziarsi la “clientela”, non solo ha chiuso gli occhi di fronte alla crescente invadenza dei genitori pasdaran, ma spesso ha sollecitato tale ingerenza, favorendo la diffusione di chat o di strumenti che, oltre a influenzarne pesantemente il lavoro, hanno costretto i/le docenti ad un lavoro burocratico estenuante e a documentare/giustificare ogni pur piccolo passaggio didattico e valutativo. Il che ha reso una categoria, già per lo più resa in questi anni insicura, frustrata e dubbiosa del senso del proprio lavoro, ancora più impotente di fronte all’effetto combinato delle pressioni della dirigenza e del mobbing genitoriale.
Di fronte a questo oramai evidente panorama, noi stessi, memori di decenni in cui abbiamo invocato la necessità di un dialogo costante docenti-genitori, forse non abbiamo dedicato sempre l’attenzione dovuta al degenerarsi di tale rapporti. Ma comunque, qui ed ora, ci dobbiamo impegnare a dare maggiore centralità all’argomento, che sta divenendo, soprattutto alle Superiori e alle Medie, uno dei motivi di maggior sofferenza e disagio per tanti docenti, oltre alle sempre crescenti difficoltà di dialogo con buona parte degli studenti. Conseguentemente, oltre a valorizzare l’argomento nella campagna elettorale, chiedendo il sostegno e il voto dei colleghi/e anche su tale tema, essendo l’unico sindacato che lo abbia messo al centro della propria piattaforma programmatica, più in generale dobbiamo: a) invitare i docenti a denunciarci ogni episodio di aggressione fisica e verbale ma anche di pressione indebita nei loro confronti, attivando nelle nostre sedi una sorta di soccorso anti-aggressioni e anti-mobbing, anche, se necessario, con l’intervento degli avvocati; b) dare battaglia alla logica imposta da tanti dirigenti scolastici di essere comunque dalla parte della “clientela”, consentendo interferenze continue e indebite nell’attività didattica; c) contrastare e ridimensionare l’espansione burocratica del controllo su ogni atto didattico e formativo, con l’estensione abnorme dell’uso di un registro elettronico, che fa da “occhio” e faro inquietante su ogni pur minimo passaggio dell’attività docente; d) avviare un ciclo di formazione culturale e di convegni che serva non solo a offrire ai/alle docenti gli strumenti di difesa verso le pesanti interferenze esterne sulla propria attività ma anche a restituire loro il senso dell’importanza del proprio lavoro, centrale e insostituibile nella funzione educativa della scuola pubblica italiana.
Piero Bernocchi portavoce nazionale Confederazione COBAS