Sorprendente: Putin, nel panico per l’avanzata dei mercenari di Prigozhin, ha rinnegato la rivoluzione russa del ’17 (quella dell’Ottobre) e di fatto si é identificato con lo zarismo da essa spodestato. Ha detto, infatti, non solo che la ribellione armata messa in atto dai gruppi paramilitari Wagner di Prigozhin contro l’esercito regolare rappresenta una minaccia mortale per la Russia, ma é andato ben oltre, paragonandola con “la pugnalata alle spalle del 1917 che ha consegnato la vittoria al nemico comune nella Prima Guerra Mondiale“. Come già fatto dal suo illustre predecessore e modello Iosif Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin, nel momento del massimo pericolo se ne fotte di storia, principi, ideologia e fa appello alla Grande Madre Russia. Che, ha aggiunto, sta subendo un tradimento analogo a quello del ’17 (“Quello che stiamo affrontando non è altro che un tradimento causato dalle eccessive ambizioni”). Come allora, secondo Putin, “il tradimento potrebbe avere conseguenze catastrofiche“; e come allora, “intrighi, litigi, politica alle spalle dell’esercito e del popolo si sono trasformati nel più grande shock, la distruzione dell’esercito e il crollo dello stato, la perdita di vasti territori”.
Dunque, questo fu il risultato della rivoluzione russa dell’Ottobre, secondo Putin: distruzione dell’esercito e crollo dello stato, perdita di vasti territori. E il tutto provocato non dalla volontà di chiudere con lo zarismo e con un regime feudale, ma, miserabilmente, da intrighi, litigi, politica alle spalle dell’esercito e del popolo. Alla fin fine questo, e non altri motivi “nobili”, avrebbe spinto i bolcevichi a fare la rivoluzione, con gli effetti “catastrofici” sottolineati da Putin. Insomma, non solo il neo-zar rimpiange lo zarismo storico e lo spodestato Nicola II ma dà ragione , più di un secolo dopo, alla campagna mediatica di allora che accusò Lenin di aver preso i soldi dai tedeschi (oltre al celeberrismo treno blindato) per far uscire la Russia dalla guerra, provocando un disastro interno con il crollo dello Stato zarista e del suo impero (Stato e impero che il neo-zar vuole ricostruire su analoghe basi ideologiche, culturali e reigiose). E dunque avrebbero avuto ragione Kerenskij e i suoi ministri, Nicola II e la corte imperiale, che la guerra contro la Germania la volevano proseguire e vincere e torto i bolscevichi e la grande maggioranza del popolo russo che invece la volevano terminare (n.b. Per i meno addentro le vicende della rivoluzione russa e del bolscevismo. Come divenne chiaro nello scontro intormo alla pace di Brest-Litovsk del 1918, una parte dei bolscevichi, in prima fila Trotsky, oltre alla maggioranza dei socialrivoluzionari e degli anarchici, volevano proseguire la guerra nella speranza di estendere a livello europeo la rivoluzione russa: salvo poi accettare la posizione di Lenin che sostenne l’impossibilità di reggere, oltre al feroce conflitto interno, anche quello con i tedeschi. Non è che Putin pensa pure che Lenin orientò in quel modo i bolscevichi perchè continuava a prendere soldi dai tedeschi?).
Di sicuro, questa solenne dichiarazione su un passaggio storico così cruciale per la storia russa non fa che confermare come il modello imperiale/imperialistico, a cui Putin si rifa, non è tanto il sociaimperialismo sovietico del passato, quanto piuttosto un neo-zarismo imperialista che si dà la missione storica di salvare la Patria della Grande Madre Russia, mescolando il recupero della Potenza Imperiale, le riconquiste territoriali e il bellicismo sfrenato, esteso ben oltre i propri confini, il più retrogrado e bigotto tradizionalismo culturale e valoriale, l’oscurantismo religioso, clerico-tradizionalista nella versione strumentale ortodossa in sintonia con l’ultrareazionario Kirill, condito dalla più spietata repressione, sul modello stalinista, del dissenso e delle opposizioni interne.
Comunque, di certo, tra tutti i possibili sviluppi della invasione russa dell’Ucraina, questo era davvero il meno prevedibile, di sicuro quello che Putin, autoreferenziale e solipsista come tutti gli autocrati dal comportamento e dalle pratiche dittatoriali, non aveva manco preso in considerazione. Il social-imperialismo sovietico, nel corso di una settantina di anni, di infamie e imprese ignobili ne ha compiute tante, ma la follia di mettersi nelle mani di eserciti mercenari, per giunta in un’impresa ad altissimo rischio come l’invasione dell’Ucraina (e non solo, perchè la Wagner è la punta di lancia della penetrazione russa in Africa, in Medio Oriente e nel Maghreb), non l’aveva mai fatto. E invece il neoimperialismo russo è riuscito a dare a decine di migliaia di feroci professionisti della guerra e a un losco figuro come Prigozhin un potere inaudito, dimenticando che i mercenari guerreggiano per denaro, non hanno ideali nè bandiere o principi. Il quale Prigozhin, prima di occupare senza alcun ostacolo Rostov e il quartiere generale russo dell’invasione dell’Ucraina e di mettersi poi in marcia, anche qui senza ostacoli, verso Mosca, aveva pronunciato il suo discorso più politico: e nel furore della sua guerra contro il ministro della difesa Shoigu e contro i generali dell’esercito “regolare”, ne aveva smontato tutte le argomentazioni con le quali si cercò di giustificare l’invasione, dichiarando bufale solenni sia che si volesse difendere l’Ucrana dai nazisti sia che si intendesse proteggere la popolazione russofona, visto che – ha detto il capo della Wagner – non c’era alcun attacco da parte di Kiev o della Nato nei loro confronti; ma che, molto più prosaicamente, l’apparato militare e buona parte degli oligarchi volevano arricchirsi con i beni ucraini, rimettendo al comando a Kiev un fantoccio come in passato (in questo caso Medvedchuk), con il quale riprendere a fare affari saccheggiando l’Ucraina.
E tutto questo resterà inciso a fuoco negli sviluppi della guerra, anche se Prigozhin si dovesse accontentare delle sinecure che Putin è sembrato disposto a concedergli in extremis – quando la Wagner era a meno di 200 km da Mosca – e della dimostrazione data al mondo che Putin non era e non sarebbe stato in grado di fermarlo: e magari anche i suoi mercenari se la caveranno e in qualche modo verranno riciclati . Ma il colpo alle motivazioni dell’invasione dell’Ucraina e più in generale al prestigio e alla credibilità putiniana è di quelli mortali, e inciderà ulteriormente sul morale, già bassissimo, delle truppe russe, regolari o mercenarie, sul fronte ucraino, con possibili conseguenze rilevanti sull’andamento della guerra e sui tempi della sua auspicabile fine. E dire che ancora fino a pochi mesi fa, per la grande maggioranza dei pacifisti italiani (veri o finti, “storici” o dell’ultimissima ora) l’unica possibilità di fine della guerra non poteva che essere la resa dell’Ucraina: “tanto non hanno alcuna possibilità di vittoria, così prolungano solo distruzioni e massacri“, era il leit motiv ripetuto ossessivamente, di fatto incolpando gli ucraini del prolungamento delle atrocità in atto. E invece..
Piero Bernocchi