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Valutazioni e giudizi su Benicomunismo
Perché Piero Bernocchi ha scritto “Benicomunismo” e “Oltre il capitalismo”
1) La profonda crisi strutturale, economica prima che finanziaria, ma anche ambientale, energetica e bellica, del capitalismo occidentale è esplosa proprio quando, dopo il crollo del “socialismo reale”, esso avrebbe dovuto espandersi senza limiti e portare la ricchezza ovunque, come da agiografia.
Ma una tale crisi è anche opportunità, come dice l’etimologia del termine. E dunque diventa attuale (e cruciale) ragionare su quale società, non in tempi biblici, potrebbe sostituire quella attuale.
2) Tali considerazioni per Bernocchi sono state ingigantite dalle esperienze degli ultimi anni a livello internazionale, ove milioni di persone, in maniera organizzata, nella versione altermondialista e antiliberista varata a Seattle e poi nei Forum mondiali, nelle esperienze dei governi popolari dell’America Latina e dei grandi movimenti indigeni, contadini e ambientalisti, e poi tra i nuovi “indignati” delle primavere arabe, europei e statunitensi, hanno prodotto abbondante e credibile materiale per gestire diversamente l’ambiente e la produzione, il territorio e i Beni comuni, l’amministrazione cittadina e nazionale. Una fioritura del genere non si era mai vista nel dopoguerra, nettamente superiore all’alternatività prodotta, sulla gestione concreta dell’esistente, dai movimenti degli anni’60 e ’70.
3) Altrettanto forte per Bernocchi la constatazione del fatto che il crollo del primo, gigantesco tentativo di superare il capitalismo non avesse prodotto la rinuncia al mutamento ma anzi lo avesse fatto rifiorire, a dimostrazione della coscienza diffusa a livello di massa che il “socialismo reale” non solo non fosse davvero un’alternativa valida ma per molti versi configurasse in media una società persino peggiore del capitalismo sviluppato, perlomeno nelle versioni europee e occidentali.
Ma andavano fatti i conti, radicalmente, con il “socialismo reale”
Se il superamento del capitalismo è obiettivo attuale, c’è l’urgente necessità, secondo Bernocchi, di rivedere le teorie della transizione da un sistema all’altro, separando nettamente l’idea di una nuova società dalla parabola concreta del “socialismo realizzato”, senza nostalgie e rimpianti e senza l’illusione di poter separare il “bambino dall’acqua sporca”. E’ il “bambino” che ha continuamente sporcato l’acqua e non si è mai pulito. Di lui non c’è bisogno, la morta società non deve afferrare la viva possibilità di una futura di tutt’altro segno, soffocandone sul nascere le potenzialità. Non è pensabile, né desiderabile, una società tutta statalizzata, con lo Stato in mano ad un partito unico e ad una soffocante borghesia di Stato, altrettanto oligarchica di quella privata; è un inganno la presunta “dittatura del proletariato” e serve piuttosto la massima democrazia e possibilità di organizzare i propri diritti e necessità; è dannoso abolire ogni forma di proprietà privata, persino per produzioni insignificanti e non strategiche; e infine, è persino reazionaria l’idea che i conflitti sociali si possano estinguere del tutto e che, se si presentano ancora, è solo dovuto a complotti di restaurazione.