Cosa ha significato Benicomunismo per chi lo ha analizzato e giudicato nel corso di una quarantina di presentazioni del volume che Bernocchi ha effettuato nelle principali città italiane durante un “tour” di dieci mesi, tra la fine del 2012 e l’autunno del 2013? Una ventina di esponenti politici, di movimenti e associazioni, che hanno avuto un ruolo significativo nei conflitti sociali dell’ultimo ventennio, hanno scritto saggi su Benicomunismo, pubblicati in Oltre il capitalismo. Quello che segue è un collage delle loro valutazioni principali.
Per Simone Oggionni, all’epoca responsabile dei Giovani Comunisti PRC, si tratta di «un’opera classica nella migliore tradizione del marxismo: analisi dialettica, coerente, robusta impalcatura filosofica…In più il lavoro di Bernocchi è “classico” perché aggredisce il nodo per antonomasia della cultura comunista: il tema del potere» 1. Opera nella quale, annota Andrea Bagni, direttore della rivista Ecole, «è sorprendente nel clima culturale “minimalista” di oggi il lavoro di aggiornamento e riflessione critica sulla teoria politica marxista, a partire dal pensiero di Marx e non dalle sue versioni più discutibili. Terreno stratosferico rispetto alla discussione politica odierna e importante contributo ad una teoria della trasformazione anti-autoritaria»2. Alfio Nicotra, uno dei portavoce del Social Forum di Genova nel 2001 e tra i protagonisti del movimento pacifista, considera il libro “spietato” nei confronti di Marx, ma ne valuta «la lettura utile proprio a chi, marxista non pentito, reputa non necessario fare sconti alla propria storia per rifondare un nuovo pensiero della liberazione»3. Mentre Roberto Morea, leader della Rete internazionale Transform, segnala come «la teoria del benicomunismo si pone all’interno di una lettura non dogmatica del marxismo, come costruzione di un pensiero che va oltre lo stesso Marx»4.
Alfonso Gianni – più volte parlamentare di formazioni della sinistra – non condivide la “severità” della critica di Bernocchi, ma riconosce al libro «un grande coraggio intellettuale e soprattutto la capacità di riaprire, in termini spesso innovativi e stimolanti, discussioni che da tempo languivano nella sinistra»5. Per Ivan Scarcelli, docente di Sociologia all’Università di Bari, «il benicomunismo di Bernocchi presenta tesi originali, avendo ben pochi punti di contatto con la nostalgia di improbabili comunità “originarie” in perfetta armonia. I beni comuni non sono il grimaldello concettuale col quale scardinare la modernità per ritrovare perdute “comunità naturali”…Il ruolo che attribuisce ai beni comuni si collega all’analisi dei movimenti di lotta contro il capitalismo. E la differenza rispetto alle teorie più estrose e fantasiose è evidente»6; mentre per Giorgio Cremaschi, ex-segretario Fiom, Benicomunismo è anche «un manuale di storia del pensiero anticapitalistico e una ricostruzione delle lotte della nostra generazione»7.
A parere di Gianluigi Deiana, docente di Filosofia impegnato nei movimenti antiliberisti, il testo è «una complessa e articolata ragnatela che presenta un centro – il concetto di benicomunismo – determinato in modo radicalmente diverso rispetto al paradigma del comunismo storico, che da Marx ad oggi ha innervato il pensiero e la pratica della sinistra anticapitalista»8. Franco Russo, nel ’68 leader del Movimento studentesco, poi parlamentare e partecipe dei movimenti altermondialisti, ha apprezzato il fatto che «Bernocchi, pur polemizzando con i testi classici del marxismo, non se ne serve per incasellare la realtà storica…in uno sforzo di non interpretare alla luce della Bibbia marxista gli avvenimenti del XX e XXI secolo ma utilizzandoli per ri-definire l’orizzonte della trasformazione della società, abbattendo il mito della Grande Narrazione: una visione atea, di contro ad un certo comunismo “religioso”»9. Analogo apprezzamento da parte di Raffaella Bolini – responsabile internazionale dell’ARCI e membro, come Bernocchi, del Consiglio Internazionale del Forum Sociale mondiale – tanto più che «il pensiero politico italiano ormai considera un valore assoluto il vivere solo in un presente sempre più fugace, così ci si sottrae alla responsabilità di indicare un progetto per i tempi a venire»; e che, di conseguenza, «abbiamo bisogno di una visione di società e di una strategia per arrivarci…Questo libro mette in moto il cervello, discuterne è utile in questi tempi in cui dobbiamo ragionare molto, e non limitarci solo a correre dietro alle cose.10
Michele Nobile, autore di importanti libri di analisi del moderno capitalismo, ritiene che di Benicomunismo ciò che soprattutto conta «è la prospettiva d’insieme: l’aspirazione a liberare l’anticapitalismo dal professionismo politico e dallo statalismo, in uno spirito che può dirsi libertario…e con l’asse unificante del rapporto tra etica e politica, che è poi il nodo decisivo per il futuro»11. In tal senso, molti dedicano parecchia attenzione alla parte antropologica, alla lettura della natura umana storicizzata che Bernocchi ha affrontato negli ultimi due libri, giudicando positivamente – come ad esempio Monica Di Sisto e Alberto Zoratti, leader ambientalisti e studiosi delle economie alternative – la critica «all’eccessiva fiducia della sinistra e dei marxisti nella natura umana, all’errore antropologico che ha attribuito alla sinistra una sorta di patente di superiorità morale. “Restiamo umani”, è il mantra che Bernocchi contesta: uno “specismo”, connotato da bontà e rispetto dei propri simili, che non sembra avere alcun fondamento»12. O, come sottolinea Roberto Musacchio, ex-parlamentare europeo, «completa l’approccio critico di “Benicomunismo” al cuore del marxismo lo sguardo antropologico a quell’“uomo nuovo” che nel socialismo reale risulterebbe dal venir meno della corruzione del sistema capitalistico, il quale da parte sua avrebbe già contribuito a depurare le sovrastrutture dell’antichità, le relazioni familiari, religiose, per disvelare il mero rapporto mercificato».13
Tutte queste valutazioni messe insieme, ha commentato Bernocchi nella Premessa di “Oltre il capitalismo”, «disegnano un efficace mosaico dei vari aspetti del libro, il cui senso complessivo consiste nel rimettere al centro della discussione l’attualità della transizione ad un sistema sociale post-capitalistico, la possibilità concreta (oltre alla estrema necessità) di un’uscita dal dominio del profitto, della mercificazione globale e dell’oligarchia privata e di Stato, verso una società benicomunista, del tutto lontana e persino antitetica rispetto al precedente – grandioso quanto tragicamente fallimentare – tentativo di superamento del capitalismo tramite quel “socialismo” di Stato del modello staliniano che ha dominato la scena nel Novecento»14.
1 Simone Oggionni, «Benicomunismo: un’opera classica», in: Piero Bernocchi, Oltre il capitalismo, Massari Editore, 2015. Anche tutti i successivi saggi e articoli, qui di seguito citati, sono contenuti nella seconda parte di Oltre il capitalismo, ove Bernocchi, dopo aver approfondito ed esteso le sue analisi sul benicomunismo, sul capitalismo contemporaneo e sulle possibilità di suo superamento, ha raccolto una ventina di saggi e articoli di valutazione su Benicomunismo, la sua precedente opera del 2012.
2 Andrea Bagni, «Benicomunismo: un processo di liberazione permanente».
3 Alfio Nicotra, «Benicomunismo: per un nuovo pensiero della liberazione».
4 Roberto Morea, «Una lettura del marxismo che va oltre Marx».
5 Alfonso Gianni, «Benicomunismo, ovvero il socialismo del XXI secolo».
6 Ivan Scarcelli, «Riflessioni su una concezione emancipativa dei beni comuni».
7 Giorgio Cremaschi, «Una storia del pensiero anticapitalistico e delle lotte di una generazione».
8 Gianluigi Deiana, «Il benicomunismo come antidogma e paradigma».
9 Franco Russo, «I fatti, poi le interpretazioni».
10 Raffaella Bolini, «Bambini e acque sporche, Penelopi e delfini».
11 Michele Nobile, «A proposito di benicomunismo».
12 Monica Di Sisto, Alberto Zoratti, «Laboratori locali di benicomunismo».
13 Roberto Musacchio, «Discutendo con Piero».
14 Piero Bernocchi, dalla Premessa a Oltre il capitalismo, op. cit. pag. 10.