Dopo l’Idea che si fa carne, impossessandosi delle masse e conducendole per la strada maestra, questo proletariato indifferenziato, universale, astratto corpo unico, ricettacolo di tutte le ingiustizie del mondo e dotato di un tale potere rigenerante da poter convertire la perdita totale degli esseri umani nel loro riacquisto completo, in grado, una volta al potere, di porre fine ai conflitti di classe e addirittura alla preistoria dell’umanità, sembra davvero la migliore incarnazione di quella hegeliana “realizzazione dello Spirito, che prendendo progressivamente coscienza di sé, arriva allo Spirito assoluto” che Marx ed Engels avevano cercato strenuamente di demolire come pura speculazione idealistica, priva di ogni base reale. E a me pare indubbio che in questa visione del post-capitalismo, c’è, quasi più che in Hegel, la convinzione non solo che la storia sia un processo logico e segua un andamento razionale, ma che essa non possa che dirigersi inevitabilmente verso la hegeliana “liberazione dello Spirito che arriva alla perfetta consapevolezza e libertà”, materializzandosi nel Proletariato Unico e salvifico. Qui l’Idea che plasma la realtà ritorna prepotentemente, malgrado le tante pagine dedicate a smontare l’idealismo trionfante, e si concretizza in un Proletariato Ideale, destinato ineluttabilmente a realizzare – come per Hegel Federico Guglielmo III fece con la Prussia
– lo Stato ideale e definitivo, anzi il paradosso di un non-Stato regno della pacificazione totale, da realizzare però attraverso una fase di massimo potenziamento e centralizzazione dello Stato stesso.
Come per Hegel lo Stato prussiano rappresentava la materializzazione suprema dell’Idea e dunque in un certo senso realizzava la fine della Storia (con ben altra profondità teorica delle sciocchezze alla Francis Fukuyama nel nostro secolo) ed il massimo traguardo sociale per la sua epoca, altrettanto rappresentava per Marx la imminente e desiderata dittatura del proletariato. E salvifica fino alla palingenesi totale appare nella teoria marxiana l’abolizione della proprietà privata, in grado di per sé di far sparire ogni alienazione, ogni forma di sfruttamento, ogni vincolo ideologico, religioso, culturale, giuridico che abbia nella storia oppresso la maggioranza degli umani e i settori più deboli, sfruttati, subordinati.
“Religione, famiglia, Stato, diritto, morale, scienza, arte, sono soltanto particolari modi della produzione e cadono sotto la sua legge generale. L’effettiva soppressione della proprietà privata, come appropriazione della vita umana, è quindi l’effettiva soppressione di ogni alienazione, e con ciò la conversione dell’uomo dalla religione, dalla famiglia, dallo Stato alla sua esistenza umana, cioè sociale”(45).