“Questa successione sempre più rapida di invenzioni e scoperte, questo rendimento del lavoro umano che aumenta in misura inaudita, fa sorgere un conflitto in cui l’economia capitalistica deve perire. Da un lato ricchezze incommensurabili e una sovrabbondanza di prodotti che i compratori non riescono ad assorbire. Dall’altro lato la grande massa della società proletarizzata, trasformata in salariati e resa incapace di appropriarsi quella sovrabbondanza di prodotti. La scissione della società in una piccola classe smisuratamente ricca e in una grande classe di salariati nullatenenti fa sì che questa società soffoca nella sua sovrabbondanza, mentre la grande maggioranza dei suoi membri é appena protetta, e spesso non lo è affatto, dall’estrema indigenza”(60).
Nella realtà, non solo il capitalismo non è perito ed anzi ha goduto di discreta salute da allora ad oggi; ma neanche si è verificata la polarizzazione vaticinata qui da Engels e altrove da Marx, con un manipolo di straricchi da una parte e la gran massa della popolazione ridotta alla condizione di nullatenenti impossibilitati a consumare oltre la pura sopravvivenza. Almeno nei paesi capitalisticamente avanzati, quella middle class, che già Engels considerava maggioritaria nella Germania della sua epoca, non solo ha continuato ad esistere ma si è persino accresciuta, garantendo un certo equilibrio sociale del Sistema. In tal senso ha contato moltissimo anche la grande estensione durante il Novecento del ruolo dello Stato gestore del capitale “pubblico” nazionale e la conseguente dilatazione delle forme di lavoro dipendente con retribuzioni in media oltre i livelli di sopravvivenza. E pur restando nel campo del proletariato classico ottocentesco, le differenze tra le diverse forze-lavoro già sottolineate da Marx si sono andate più ampliando che attenuando, con vistose disomogeneità tra quelle dei paesi coloniali/imperialisti (in grado di imporre agli altri uno scambio ineguale nel mercato mondiale) e quelli del cosiddetto Terzo Mondo, a lungo sottomesso e spogliato di beni. E pure all’interno dei paesi più sviluppati, anche a causa di precise politiche statuali e sindacali, il range di retribuzioni e di condizioni di vita si è allargato molto nella seconda parte del Novecento, fino a far parlare sempre più spesso, anche tra teorici e politici marxisti, di aristocrazie operaie e salariate, più o meno placidamente inserite nel Sistema.