In realtà, in tutta la produzione di Marx e di Engels fino a quel momento (e a maggior ragione dopo la pubblicazione del Capitale) la vera efficacia e le vere dimostrazioni riguardano il nesso tra produzione economica, rapporti di proprietà e struttura politica, sociale ed ideologica della comunità umana; nonché la scoperta, assolutamente originale e dirompente, delle radici della produzione di valore (e dello sfruttamento capitalistico del lavoro salariato) insite nella duplicità della forza-lavoro, nella sua capacità di aggiungere plusvalore alla produzione dopo aver reintegrato il costo del proprio mantenimento: dunque, le effettive dimostrazioni certamente riguardano il primo punto elencato da Marx a proprio merito. Ma niente di scientifico è invece presente nella sua elaborazione sui due punti successivi, il fatto, cioè, che la lotta di classe conduca “necessariamente alla dittatura del proletariato” e che questa dittatura costituisca “il passaggio alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi”: entrambe queste affermazioni sono in realtà auspici, desideri, speranze che Marx e Engels introducono surrettiziamente nell’analisi materialistica della concreta realtà esistente scambiandole per dimostrazioni “scientifiche”, con cruciali conseguenze nell’azione politica loro, del successivo marxismo e dell’intero movimento comunista.
In effetti, tutto il Manifesto del Partito Comunista è infarcito, per quel che riguarda le “prognosi” sul capitalismo e le “terapie” per il suo superamento, di affermazioni apodittiche, né dimostrate né sostenute da argomentazioni stringenti e concrete, rivelatesi poi nello sviluppo storico completamente errate. Ad esempio quella sulla polarizzazione estrema delle classi in due campi contrapposti, che non avrebbero dovuto lasciare spazi a posizioni intermedie:
“L’epoca nostra, l’epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché ha semplificato i contrasti tra le classi. La società intera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l’una all’altra: borghesia e proletariato”(16).
E ancora:
“Quelli che furono sinora i piccoli ceti medi, i piccoli industriali, i negozianti e la gente che vive di
piccola rendita, gli artigiani e gli agricoltori, tutte queste classi sprofondano nel proletariato…Così il proletariato si recluta in tutte le classi della popolazione”(17).
Non si può fare a meno di sottolineare come, in contrasto con la precisione pignola con la quale Marx, in tante pagine del Capitale, forniva innumerevoli pezze di appoggio alle sue argomentazioni fino alle minuzie più sottili, nessun dato concreto, statistico e numerico, veniva presentato per dimostrare questa presupposta estrema polarizzazione della società e la tendenziale sparizione delle classi intermedie. Anzi, in altri scritti, Marx ed Engels affermarono esattamente il contrario. Particolarmente rilevante l’inequivocabile analisi di Engels sulla situazione sociale tedesca:
“ La classe dei piccoli commercianti e bottegai è estremamente numerosa in Germania…Nelle città più grandi essa costituisce quasi la maggioranza degli abitanti; nelle città minori essa predomina in modo assoluto, grazie all’assenza di concorrenti più influenti e ricchi. Questa classe, che è molto importante in ogni Stato moderno ed in ogni rivoluzione moderna, è particolarmente importante in Germania, dove nel corso delle lotte recenti ha avuto in generale una parte decisiva. La sua posizione intermedia tra la classe dei capitalisti, commercianti e industriali maggiori, tra la borghesia propriamente detta e la classe dei proletari, determina il suo carattere..questa classe è estremamente vacillante nelle sue opinioni”(18).